lunedì 4 maggio 2015

KILLINGER UND FREUND

DISCO VOLANTE TEDESCO
Assomiglia a un disco volante e fa parte di quella tipologia di mezzi creati nei primi anni ’30 del secolo scorso che facevano della sperimentazione il fulcro della loro esistenza.
Ispirata alla Megola (creata un decennio prima) la Killinger und Freund è una delle motociclette più insolite prese in esame da quando esiste Garage Italiano. Caratterizzata da uno stile art decò nasconde soluzioni tecniche innovative. Il marchio nasce nel 1935 a Monaco di Baviera per volontà di un gruppo d’ingegneri che vollero creare una versione più snella della Megola. Per quanto strano (viste le forme esterne) la Killinger und Freund disponeva di un telaio classico in tubi su cui venivano imbullonati i gusci aerodinamici (disegnati per ridurre la resistenza all’aria e per preservare i vestiti del conducente dalla sporcizia…esattamente come avrebbe fatto la Piaggio con la Vespa un decennio dopo).
Sia davanti che dietro le ruote erano coperte con avvolgenti parafanghi (quello anteriore copriva l’intera forcella) e, cosa insolita per l’epoca, il progetto prevedeva sospensioni su entrambi gli assali. All’anteriore era presente un sistema “classico” come su motociclette più convenzionali con elementi telescopici verticali (praticamente sul mozzo) che impedivano alterazioni nella geometria del passo. Al posteriore erano presenti degli elementi in gomma e metallo (privi di manutenzione) collegati all’estremità inferiore del telaio; furono previsti anche ammortizzatori telescopici ad olio. Ed ora il pezzo forte: il motore rotativo stellare di 600 centimetri cubici. Si tratta di un tre cilindri due tempi con valvole rotative (un disco dotato di fori per l’aspirazione permetteva alla miscela aria/benzina di entrare, per depressione, nei cilindri nel momento esatto). I manovellismi del propulsore e il moto dei pistoni, che avveniva nel senso di rotazione, assicuravano un corretto equilibrio delle parti in movimento sebbene non fosse presente alcun volano. 
Le testate alettate, i cilindri e il carter erano in lega (quest’ultimo in Silumin) e tra di essi erano posizionati i tubi di scarico corti. Tutto il gruppo (insieme al cambio a due rapporti, alla frizione e al freno) veniva posizionato dentro la ruota anteriore in lega leggera con razze piatte (disegno simile a quello delle Bugatti; il cerchio posteriore era a raggi) progettati per fungere da ventola di raffreddamento. Altre particolarità del progetto erano il carburatore privo dell’ago del galleggiante per non avere problemi causati dalle vibrazioni e la leggera batteria che contribuiva a mantenere il peso del propulsore basso (50 chili compresa la ruota in lega; l’intero veicolo pesava 135 chili). La fotografia di apertura ritrae un soldato americano alla fine della guerra (1945) in posa con il curioso mezzo rinvenuto in un’installazione militare del Terzo Reich. Non è dato sapere se si trattasse di un prototipo o di un altro pezzo di produzione. 






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