L’ARTISTA
ITALIANO DEI TELAI (con sorpresa finale)
Se
penso ai telai delle motociclette italiane mi vengono in mente fior fiore di
progettisti come Tonti, Magni, il trittico BIMOTA (ok magari sto stiracchiando
un po’ il concetto ma fidatevi che le jappo andavano il doppio se passavano da
Rimini) e via discorrendo.
Ma ricordo pure Giuliano Segoni, l’ingegnere per
inciso, abituato dal padre a dare libero sfogo alla propria creatività e
genialità. Già da piccolo insieme al fratello osservano il genitore produrre nella
villa/laboratorio tutto ciò di cui potevano avere bisogno. Ciò premesso
sappiate che Segoni è stato prima di tutto un artista nella costruzione dei telai, attivo con un
proprio marchio dal ’72 al ’79. Come Bimota anche lui si dedicò prevalentemente
alle giapponesi (ma troverete anche Laverda e MV Agusta nel suo carniere).
L’attitudine è per la velocità e la prima special viene realizzata quasi per
gioco sulla base di una Laverda 750 SFC. Nel ’71 realizza un telaio monotrave
con forcellone scatolato semplice e rigido allo stesso tempo. L’amico e pilota
Augusto Brettoni la prova e ne ricava buone sensazioni al punto che per
collaudare definitivamente la ciclistica innovativa, iscrivono moto e pilota
alla 200 Miglia di Imola del ’72. Pur galvanizzato dalla bontà, dalla solidità
e dalle prestazioni del telaio, l’ingegner Segoni stravolge il progetto e
realizza (primo in Italia) un telaio monoscocca in lamiera di duralluminio da tre
millimetri. Con il nuovo telaio e il vecchio motore Laverda, partecipano
nuovamente alla 200 Miglia imolese con scarsi risultati. Motivo per cui per
l’anno successivo ritorna al progetto originario del monotrave e appronta la nuova special per correre la 24 ore del Bol d'Or con la coppia di piloti
formata da Giancarlo Daneu e Nico Cereghini i quali arrivano penultimi ma pur sempre unico team italiano al traguardo. Del ’74 è la prima Segoni con motore
giapponese, la K900, con cui partecipano alla gara di Le Mans con ben due
equipaggi. Nel ’75 doppio equipaggio (Valli-Sorci e Daneu-Stanga) e doppio
risultato al Bol d’Or (decimi e diciassettesimi ma soprattutto ancora una volta
unici equipaggi italiani all’arrivo). A questo punto Giuliano deve rendere
redditizia l’attività sportiva e il know how accumulati, così al Salone di
Milano del ’77 presenta la moto da Endurance Segoni K900 omologata per la
circolazione su strada e prodotta in circa cinquanta esemplari. Nel frattempo
si era sperimentato il monotrave su motori MV Agusta 750 e Suzuki. In quegli
anni i telai Segoni erano diventati molto ricercati sia dai piloti che
dall'utenza stradale, entrambi desiderosi di avere una "special"
dalla tenuta di strada superiore. Infatti l'esuberanza di alcuni motori
pluricilindrici giapponesi evidenziava i limiti delle modeste ciclistiche di
serie che causavano instabilità e ondeggiamenti alle alte velocità. Le Segoni
divennero famose anche per le loro linee particolari e uniche disegnate
dall’architetto Roberto fratello di Giuliano. Fino al ‘78 vengono prodotte numerose
special principalmente su base Kawasaki. Degne di nota sono anche quelle con
motorizzazioni Honda, Suzuki, Laverda e la MV Agusta-Segoni Special 750
realizzata nel ‘74 in collaborazione con Arturo Magni. Premesso che al mondo
rimangono solamente tre Segoni/MV Agusta, è di importanza fondamentale
sottolineare che proprio la joint venture tra Arturo Magni e Giuliano ha dato vita alla prima trasformazione da cardano a catena del quattro cilindri 750
italiano. Purtroppo nel ‘79 l'azienda chiude i battenti, in seguito alla
prematura scomparsa di Giuliano avvenuta nel settembre ‘78 a causa di un
incidente stradale mentre era in sella ad una Segoni K900. Sempre nel '78 una Suzuki Titan con telaio Segoni vince il Campionato Velocità 500 Junior
con il pilota Gino Mandro. Nel 2002 viene a mancare anche il fratello Roberto.
Ma il nome Segoni continua a vivere grazie all’impegno di Lorenzo figlio di
Giuliano, che oltre a correre in vari campionati porta vanti il progetto di censimento
di tutte le Segoni ancora esistenti (nella sede di Segoni Corse ne custodisce
gelosamente sette esemplari tra cui la K900 che costò la vita al padre). I
fratelli Segoni (Giuliani l’estroso e determinato e Roberto più posato) sono un
ulteriore conferma che l’Italia ha partorito inventori geniali. Purtroppo
capita che a volte si renda necessario ricordare ai nostri connazionali (forse dalla
memoria troppo corta) chi sono costoro e cosa hanno fatto. Ma se i ricordi dei più anziani ogni
tanto vacillano, le nuove generazioni trovano un punto d’appoggio d'archimedea
memoria. E qui scatta la sorpresa; parlando con Lorenzo, che ringraziamo per la
disponibilità e la gentilezza, ci è stato anticipato che si sta lavorando per
rilanciare il marchio Segoni. Domanda: e se rieditasse i modelli storici? SEGONI TO BE
CONTINUED…STAY TUNED!
Sogno un mondo fatto di molte più persone come il Segoni. Non importa tanto cosa fanno ma il coraggio che ci mettono nel far qualcosa di proprio senza scopiazzare o cercar di vendere qualcosa per originale, nuovo, rivoluzionario, ecc. mentre in realtà si tratta del solito fritto e rifritto camuffato da un design mari si questo originale ma niente più. Per tornare alle moto lo “strapotere” giapponese H.Y.K.S. da una parte e le americane Harley o le inglesi Triumph o le tedesche BMW e austriache KTM per poi menzionare Ducati, Aprilia, Piaggio e la “cinese” Benelli dall’altra, solo per citare qualcuna, mi sta anche bene. Ma quello che a me piacerebbe veramente vedere sono il fiorire di Artigiani con la A maiuscola come Magni, Egli e appunto Segoni. Magari ognuno di essi tira fuori dal proprio garage non la solita noiosissima e strainflazionata “cafe racer” dotata di Bicilindrico BMW, Guzzi, ma più che altro qualcosa che è un proprio punto di vista che poi se veramente valido trova riscontro finanziario e il consenso dell’appassionato un tantino più attento alle cose che fanno la differenza e soprattutto dotato di esperienza fatta in km e non in letture sulle moto. Se invece evoluzione significa superare i 100 cv/litro (dove li si scarica poi ?) e abbattere altri record, ma perdendo il senso della realtà con moto da 300 cv e 150 kg di peso a cui sinceramente non fanno nemmeno divertire a guidarle, allora bisogna veramente rifiutarsi di comprare ancora moto e dire Stop! Cerco una Segoni, almeno son curioso di che cosa si tratta se ne guido una.
RispondiElimina