Approfondimento
tecnico sul telaio della più innovativa motocicletta degli ultimi trent’anni
presentata a Eicma 2017.
Il
telaio è stato oggetto di molteplici e ardite d’interpretazioni tecniche fin
dagli albori del motociclismo tanto da avere diverse variazioni sul tema che
spaziano dalla classica struttura in tubi con trave centrale unico o a
traliccio fino a giungere al diffuso e sportivo scatolato d’alluminio o in
fibra di carbonio.
Qualcuno ha pure provato a utilizzare il motore stesso non
solo come elemento portante ma anche come struttura a cui ancorare le
sospensioni. Ma la vera rivoluzione in materia di telai si è potuta apprezzare
all’ultima edizione dell’Eicma, quasi trent’anni dopo l’incredibile V1000 di
John Britten, pensata e realizzata dalla Vins, giovanissima realtà artigianale
nata nel 2017 a Maranello in grado di sovvertire l’ordine precostituito del
mondo delle due ruote. Le menti dietro la Duecinquanta (questo è il nome del
modello) provengono dal settore automotive e più precisamente dalla Ferrari, ma
l’ispirazione per i loro progetti ha una matrice evidentemente più
anglosassone…diciamo dalle parti di Hethel dove ha sede la Lotus di Colin
Chapman. In effetti a ben guardare il telaio della Duecinquanta appare
semplice, funzionale e leggero. Ma quello che sembra una normale conseguenza di
una perfetta fusione tra design e progettazione è in realtà frutto di un
attento studio di rielaborazione del concetto stesso di motocicletta. Su questo
modello, infatti, il telaio è disegnato e realizzato per svolgere efficacemente
la sua funzione, rispettando i dettami base del progetto (leggerezza e
semplicità) e garantendo al contempo un numero ridotto di componenti. Ecco
spiegato perché in Vins hanno pensato di realizzare una monoscocca portante in
fibra di carbonio a sezione cava, il cui interno è conformato come un condotto
dell’aria dove è integrato un traversino che ha funzione d’elemento strutturale
e di estrattore dell’aria calda che attraversa la moto. Questa sezione viene
incollata al nodo anteriore realizzato in fusione d’alluminio, chiamato a
svolgere le funzioni di attacco della sospensione, supporto del radiatore,
vaschetta d’espansione e convogliatore d’aria, oltre che a supportare il
motore. Il nodo anteriore collega quindi i gusci della monoscocca mediante
incollaggio distribuendo i carichi derivanti dalle sollecitazioni dovute alla
dinamica del veicolo. Inoltre al suo interno (dietro quello che chiameremmo
cannotto di sterzo) è montato il radiatore che viene letteralmente investito da
aria ad alta pressione senza che vi sia l’interferenza aerodinamica
dell’avantreno come sulle motociclette “normali”. La posizione dello
scambiatore di calore, collegato idraulicamente con il nodo anteriore, permette
un abbattimento delle temperature notevole mentre il flusso d’aria calda viene
“accompagnato” all’esterno dal telaio che diventa un vero e proprio condotto
d’estrazione grazie anche al traversino, di cui accennavamo poco sopra che
velocizza l’evacuazione. Tutto ciò ha dato vita un sistema di raffreddamento
ibrido a liquido e ad aria forzata che ha permesso d’impiegare un radiatore più
piccolo, e quindi leggero, rispetto a motociclette di pari potenza. Infine
l’ergonomia che è stata oggetto di un’attenta analisi e comparazione, con
alcuni modelli presi come riferimento per progettare la Duecinquanta. Sedile e
zona del serbatoio dove s’inseriscono le ginocchia sono state pensate
ispirandosi al mondo delle competizioni per assicurare la massima aderenza del
corpo alla moto e il migliore controllo del mezzo. Naturalmente la massa
ridotta (la Duecinquanta in versione Competizione pesa 85 chili) diminuisce
l’affaticamento fisico del pilota pur con una posizione di guida sportiva,
grazie anche alla possibilità di regolare pedaline e semimanubri.
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