VAIFRO MEO
Il moto di un corpo nel minor tempo in un dato spazio prestabilito definisce l’essenza matematica della velocità su due ruote: spazio fratto tempo uguale velocità…per l’appunto. Ma soggettivamente cosa spinge alcuni di noi a voler raggiungere il traguardo prima di tutti gli altri? Quando sei in motocicletta, quando senti di poter dominare gli eventi e piegarli al tuo volere (falso), quando ogni gesto viene naturale allora in quel preciso istante sei veloce… sei velocità tu stesso.
Come un proiettile che fende l’aria incurante del destino che lo attende, così chi viene soggiogato dall’ebbrezza della velocità vivendo uno stato di grazia si abbandona ad essa, abbracciandola, sposandola nella convinzione che mai subirà l’onta del tradimento. Questo è il motociclista. Tra di loro alcuni superano ogni barriera e diventano leggende che alle volte si disperdono nella polvere della strada sul cui hanno sfrecciato.
Come un proiettile che fende l’aria incurante del destino che lo attende, così chi viene soggiogato dall’ebbrezza della velocità vivendo uno stato di grazia si abbandona ad essa, abbracciandola, sposandola nella convinzione che mai subirà l’onta del tradimento. Questo è il motociclista. Tra di loro alcuni superano ogni barriera e diventano leggende che alle volte si disperdono nella polvere della strada sul cui hanno sfrecciato.
Uno di questi è Meo Vaifro, un patito dei record su due ruote, uno di noi, un italiano che ragazzetto abbandonò l’Italia del dopoguerra per trasferirsi in Argentina. La sorella Carmen ricorda che Vaifro ancora giovanissimo comprava per pochi centesimi, pezzi di moto dai ferrivecchi e ne tirava fuori nuovi mezzi funzionanti. Un giorno Carmen fu chiamata in strada; era il fratello che correva con la sua prima moto priva però della sella e del manubrio. Di lì a qualche anno avrebbe scritto il suo nome nell’albo dei record di velocità su terra con il piccolo Alpino, un bolide auto costruito su due ruote di soli 50 centimetri cubici che sul circuito di Ezeiza (Buenos Aires) avrebbe toccato la stratosferica velocità di ben 92 km/h il 2 Febbraio 1952. Sempre con il piccolo cinquantino avrebbe infranto altri record: circuito di Monza 71,2 km/h sui 500 chilometri ed 82 km/h sulla media delle tre ore e Buenos Aires con 76 km/h sui 1000 metri e 77 km/h sul miglio con partenza da fermo.
Salto temporale: Ottobre 1965. Luogo: Utah, deserto di sale di Bonneville. Vaifro ha progettato uno streamliner (ispirata alle NSU da record) motorizzato Kreidler sempre di 50 centimetri cubici sovralimentato. Driver Rudolf Kunz. Risultato: Nuovi record.
Altro salto: 1982. Luogo: Buenos Aires prima del campionato mondiale. Vaifro conosce Roberto Patrignani (che per Garelli curava le pubbliche relazioni prima e la carica di Direttore Sportivo dopo) e gli chiede se proprio la marca italiana avrebbe potuto cedergli in uso uno dei motori di 50 centimetri cubici usati nel motomondiale per montarlo sul suo nuovo siluro da record in sostituzione del previsto Kreidler. In poco tempo l’affaire è concluso. Due anni di lavoro e Vaifro appronta il suo nuovo bolide. Per l’occasione la Garelli offre oltre al motore, i necessari ricambi e l’aiuto del progettista olandese Jan Thiel. Perché passare dal piccolo, conosciuto e vittorioso propulsore tedesco a quello italiano? Semplicemente perché per il record su Bonneville Vaifro aveva chiesto di poter pilotare personalmente il proprio mezzo. Purtroppo la Kreidler impose Rudolf Kunz per testare il siluro. Il “caso” volle che nel suo giro Kunz riuscì a battere il record stabilendone uno nuovo ed i tedeschi, ottenuto ciò per cui erano lì, non fecero “lanciare” l’italiano. Da lì la voglia di Vaifro di stabilire al più presto il nuovo record con il suo siluro e con un motore diverso. Decise che li avrebbe battuti a tutti e a tutti i costi. Thiel conosceva Meo e accettò di buon grado la trasferta argentina. Meo aveva individuato presso la Pampa del Leoncino, nei pressi di Barreal, un lago asciutto a circa 2000 metri di quota perfetto per tentare il nuovo record. Nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo di lì a poco. I militari spianarono una striscia di terra; polvere ed altitudine resero ostica la messa a punto del piccolo propulsore Garelli che già aveva faticato ad adattarsi al telaio predisposto per il motore Kreidler. Vaifro portò con se un banco di prova che evidenziò una grossa perdita di potenza. In Italia il piccolo propulsore erogava 21 HP mentre a 2000 metri ne rimanevano solo 12. Con gli aggiustamenti del salirono a 15 HP…ancora troppo pochi. Così il capo meccanico Marcello Quintana approntò qualcosa di veramente speciale: iniezione di NOS (protossido d'azoto). Modificato il condotto d’aspirazione e la testata per il nuovo “accessorio” (che rendeva più ostico l’avvio) il propulsore fece registrare circa 24 HP a 2000 metri; a livello del mare sarebbero stati quasi 30…più o meno il 42 per cento di potenza in più rispetto al motore stock Garelli! E così l’11 Dicembre 1984 un uomo sulla cinquantina, dopo una settimana di tribolazioni e prove, entrava dentro il sottilissimo guscio di un sigaro su due ruote, pronto per stabilire un nuovo record mondiale. Mi piacerebbe dire che Vaifro scrisse nuovamente un altro record mondiale ma la storia è andata tragicamente in un'altra direzione. Trainato dalla motocicletta d’appoggio il bolide conquista equilibrio e si lancia alla massima velocità fino al sesto chilometro quando, per ragioni inspiegabili, si accascia sul fianco e poi più nulla. Nessuno vide alcunché. Sul luogo dell’incidente fu rinvenuto il pilota senza casco ed il siluro privo della carenature superiore. Quel giorno il sogno di Vaifro si era infranto sulla crosta del deserto argentino tradito da quell'entità divina che è la velocità da cui aveva ricevuto tanto e che tanto, alla fine, gli aveva chiesto in cambio.
Un ringraziamento particolare va alla mia carissima amica BLONDIE che mi ha indicato la strada per porgervi nel modo migliore questa storia.
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