domenica 19 aprile 2015

FLAT TRACK

FLAT TRACK
Derapare e’ la cosa piu’ bella che si possa imparare a fare in sicurezza su due ruote. Se con le bici si usava il freno posteriore sulle moto e’ tutta questione di polso destro. Perche’ tutti sono capaci d’andare dritto…ma il divertimento e’ in curva.
Quindi non prendeteci per pazzi se asseriamo che siamo fermamente convinti che la guida di traverso dovrebbe essere insegnata sui banchi di scuola insieme all’educazione fisica. Perche’ e’ uno sport non patinato alternativo piu’ simile al rugby che non al calcio. Perche’ fa capire cosa vuol dire faticare per raggiungere un obiettivo. E perche’ alla fine della giostra e’ pure divertente. Senza girare troppo in tondo diciamo subito che il flat track e’ economico (basta davvero una moto da 500 euro e qualche accessorio per renderla idonea ai circuiti) e democratico come pochi altri sport su due ruote. Imparare a controllare la derapata del posteriore e’ basilare per la sicurezza e catartico per la mente e per il corpo, eppure continua ad essere una disciplina di nicchia. Diciamo subito che questo tipo di corse sono molto in voga in America e come tale a farla da padrone tra le marche e’ l’Harley-Davidson. E spesso, proprio perche’ c’e’ un oceano di mezzo,  si tende a fare confusione tra le varie sigle flat dirt short e speedway.
Di base queste variazioni sul tema rientrano tutte sotto le così dette “track racing” ovvero competizioni  (tra singoli piloti o squadre) su circuiti ovali percorsi rigorosamente in senso antiorario che differiscono unicamente per il tipo di fondo della pista e per i regolamenti di categoria. La nascita delle track racing risale agli inizi del secolo scorso in America con le board track (corse su piste ovali molto inclinate con fondo di legno, popolari fino ai primi anni ’30) ed in Australia  nel Nuovo Galles del sud con lo speedway detto anche dirt track (corse su piste ovali piatte con fondo “sporco” che incentivava la derapata). Negli anni ‘60 dallo speedway sono derivate il flat track come lo intendiamo oggi ovvero piste ovali e piatte con fondo ricoperto di terra ma con motociclette meno estreme e piu’ vicine ai modelli di serie. Per chiarire questo concetto sappiate che nello speedway le motociclette sono monocilindriche di circa 500 centimetri cubici superquadri a 4 tempi quasi sempre ad aste e bilancieri, con lubrificazione a perdita d'olio ed alimentazione a metanolo. Hanno un peso minimo intorno ai 77 chili, sono prive di freni, cambio e sospensione posteriore e gareggiano su anelli di terra compresi tra i 340 ed i 400 metri. I mezzi utilizzati nel flat track invece possono essere a 2 o 4 tempi, plurifrazionati (come ad esempio le mitiche Yamaha TZ 750), dotate di freno posteriore e del cambio classico.
In America a seconda della lunghezza della pista si parla di short track (entro i 400 metri) e TT racing (con lunghezza libera; ma nel percorso deve essere presente almeno una curva a destra ed un salto). Altre varianti sono il grass track (simile allo speedway ma con numero di partecipanti per manche libero e con fondo dell’ovale in erba), il long track variante del grass ma su piste in terra battuta e con lunghezza superiore (1000/1200 metri) e l’ice track ovvero lo speedway corso su piste con fondo ghiacciato (le categorie sono definite in base al tipo di pneumatico, normale o chiodato). Cio’ detto, perche’ il flat track e’ ancora poco praticato? Probabilmente per due ragioni ben distinte. Innanzitutto manca una mappa aggiornata e completa delle (poche) piste specifiche per imparare e per correre. E poi perche’ chiunque sano di mente sarebbe quantomeno terrorizzato al solo pensiero di guidare una motocicletta priva del freno anteriore e per giunta con il posteriore di traverso. In sintesi il flat track mette a nudo le nostre paure al punto che non ci si puo’ piu’ nascondere dietro un dito: non lo si pratica prima di tutto perche’ si ha paura…immotivatamente tra l’altro. Perche’ la verita’ e’ che derapare e’ come il primo giro in moto della vostra vita: all’inizio tremano le gambe ma appena si prende l’abbrivio tutto diventa naturale e sotto il casco spunta un sorriso quasi incontrollabile. L’arte della derapata ha piu’ o meno gli stessi blocchi mentali ma rappresenta lo step evolutivo piu’ naturale a cui ogni motociclista dovrebbe tendere sia per una questione di sicurezza sia per un mero gusto di piacere che si ha nel chiudere una serie di curve con il posteriore in perenne sbandata ma perfettamente sotto controllo.

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