CB 450 “QUATTROEMMEZZO AJK” by
ANVIL MOTOCICLETTE
Lo ammetto, prima di scrivere di
Anvil Motociclette li ho osservati per un bel po di tempo; in silenzio. Perché
la prima impressione che ho percepito è stata la stessa di quando sentii per la
prima volta “Deep Purple in Rock” il disco della band inglese uscito negli anni
’70, una vera pietra miliare del rock che gettò le basi dell’heavy metal.
Con
una differenza: se i Deep Purple li immaginavo come delle fontane sonore di
colori psichedelici (nonostante la virata musicale), Marco ed Alessandro (i
creatori di Anvil) sono un tripudio di bianco e nero con relative sfumature
intermedie. E se i Deep hanno cambiato il volto della musica negli anni ’70,
allo stesso modo l’atelier meneghino recupera e restaura moto iconiche degli
anni ’70 ed ’80, che hanno segnato indelebilmente il mondo delle due ruote,
applicando il loro stile unico. E per presentare questo incredibile duo ho
ritenuto opportuno proporvi la seconda motocicletta modificata da loro alcuni
anni fa: la Quattroemmezzo AJK. La piccola Honda per quanto interessante non ha
mai fatto battere i cuori degli amanti delle giapponesi. Ma i ragazzi di Anvil
le hanno restituito il merito che le spettava spogliandola strato dopo strato del
superfluo portando a nudo l’essenza della CB e imprimendo il loro stile minimalista e
concreto. Basata su una tonalità di nero opaco (che ha coinvolto anche parte
del motore, della forcella, della pinza freno e degli scarichi) è stata modificata
innanzitutto nella posizione di guida grazie ad una nuova sella bassa e piatta in
pelle di capretto (il telaietto è stato accorciato e chiuso con il classico archetto) e ai semimanubri fortemente angolati con leve frizione e freno alleggerite e
comando del gas sostituito con un Tommaselli Daytona. Gli steli della forcella
sono stati sfilati sulle piastre per abbassare l’anteriore (al posteriore sono
stati montati nuovi ammortizzatori) e il parafango è stato semplicemente
rimosso. Svuotata la porzione sotto sella da ogni orpello adesso fanno capolino
tromboncini con la classica reticella che permettono ai carburatori di respirare a pieni polmoni. Al
retrotreno fa sfoggio un nuovo e minimale parafango nero in alluminio, scarichi
più corti e, seguendo questo stile, luci anteriori e posteriori più piccoli e
del medesimo colore scuro. Sempre secondo il ’70 style i carter sono stati
“sforacchiati” ed alleggeriti mentre il serbatoio è stato sostituito con un
elemento in alluminio in parte spazzolato ed in parte dipinto in nero opaco (è
l’unica nota di “colore” che troverete su questa moto). Due Avon per coperture
e la special è servita. Vi sembra poco? Direi proprio di no. Perché come
scrivevo in apertura ho studiato per un bel po’ le special e lo stile dei
ragazzi di Anvil e posso garantirvi che non è necessario spendere cifre iperboliche
o montare accessori supertecnologici per creare una fuoriserie (ecco un altro
termine molto seventies). Piuttosto è fondamentale che sia guidabile, che abbia
prestazioni migliori del modello di serie e che trasudi stile e personalità. E
posso garantirvi che questi elementi sono tutti presenti in questa (e in altre)
realizzazione di Marco ed Alessandro due novelli traghettatori danteschi che
accompagnano anziane moto nel passaggio da un anonimo purgatorio attraverso l’antro della fucina di Anvil per
rinascere ad una nuova e gloriosa vita. Anche con “soli” due cilindri e 45
cavalli vapore.
Nessun commento:
Posta un commento