LA
STRANA BELLEZZA
Curiosa
la storia della Moto Guzzi Quota 1100 dotata di un cupolino simile a un drone
strabico di Star Wars, con la ruota da 21 all’anteriore, 245 chili sotto il
sedere e un cardano al posteriore. Sicuramente non era bellissima ma aveva un
parterre d’ammiratori e possedeva carattere grazie al bicilindrico a V di 90
gradi a iniezione elettronica da 70 cavalli.
Snobbata in patria, dove o si
amava o si odiava al punto che più che aficionados i proprietari erano
considerati dei veri e propri integralisti del modello, aveva uno zoccolo duro
di acquirenti nel nord Europa (Germania in primis) che la preferivano al GS proprio
perché era una Guzzi. A distanza di quasi vent’anni dalla sua
commercializzazione (dal ’98 al ’02) rimane un mistero irrisolto cui solo la
Stelvio ha ridato il giusto merito. E ciononostante qualcuno è talmente
innamorato della sua Quota 1100 da volerle restituire la gloria del caso
sottoponendola più che an un face lifting a una vera e propria trasformazione
radicale, nonostante il telaio brutalmente squadrato e incurante delle
difficoltà che un modello così sanguigno per caratteristiche e design cela
sotto la pelle. Nel caso in specie dobbiamo rivolgere lo sguardo oltre oceano,
a Miami, per scoprire le peculiarità della terremoto, ultima fatica di Bruce
McQuiston e Ryan Arends, cuore e anima di Moto Studio, i quali probabilmente
avrebbero lavorato con più piacere su una Ducati o su una Guzzi V50 per
realizzare una scrambler. Ma si sa che il cliente ha sempre ragione e l’unico
dictat imposto dal committente è stata la base da utilizzare: una Moto Guzzi
Quota 1100 per l’appunto. Volendo sintetizzare il processo di customizzazione
basterà elencare tre passaggi fondamentali: svestizione, modifica radicale
della porzione posteriore e avantreno all’altezza dell’uso on e off road. Dal
modello di serie è stato eliminato il telaietto posteriore, sostituito da una
struttura in alluminio lavorata dal pieno, che si armonizza con le forme squadrate
del telaio originale e in grado di sostenere il peso di pilota e passeggero.
Bruce ha dato vita a un pezzo di design unico nel suo genere, robusto e allo
stesso tempo snello grazie alle feritoie che assomigliano alle branchie di uno
squalo, completato da una sella a due piani (ma in pezzo unico) realizzata
appositamente e dall’accenno di codino
in fibra di carbonio (dello stesso materiale sono il micro parafango anteriore
e il copri strumento). Da lontano la Terremoto sembra una classica moto da
regolarità europea degli anni ’70 (Husqvarna o KTM per intenderci). L’effetto
(voluto) è stato ottenuto sostituendo il grosso serbatoio di plastica con uno
di derivazione Kawasaki abbondantemente tagliato, rimodellato e saldato per
adattarlo sia al telaio che allo stile (avete notato le guance removibili di
metallo che riprendono la forma di quelle originali di plastica? E il tappo a
scomparsa?). E se in ottica di snellimento l’intero impianto elettrico è stato
sostituito con un elemento molto più leggero e semplificato anche il motore ha
ricevuto le attenzioni (invasive) del caso con la rimozione dell’intero sistema
d’iniezione elettronico sostituito da due Dellorto da 36 millimetri accoppiati
a cornetti d’aspirazione più aperti e completati da un impianto di scarico due
in uno estremamente corto e in grado d’annunciare l’arrivo del terremoto…ehm
della Terremoto già da notevole distanza. L’avantreno, infine, è un mix di
elementi KTM (Forcella EXC stretta da piastre del 950) completato con cerchi
Excel, pneumatici Avon mediamente tassellati (è pur sempre una scrambler!),
freni anteriore a margherita, specchietti end bar, strumentazione singola
Motogadget e doppio fanale anteriore con il più piccolo Baja Design specifico
per mezzi da competizione. La colorazione scura basata sui toni di nero e
grigio ha completato la trasformazione della Quota 1100 che ha perso
sicuramente quell’aura plasticosa degli anni ’90 in favore di una mise più personale
e caratteristica che fino ad oggi le è mancata…con il plus del propulsore di
Mandello del Lario!
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