C’è
stato un momento nella storia del motociclismo, più o meno nella prima metà
degli anni 2000, in cui due marchi si sono dati battaglia nel campo delle
grosse enduro forgiando altrettanti modelli estremi: la BMW HP2 Enduro e la KTM
950 Superenduro. Entrambe basate su modelli di serie più “tranquilli”, volevano
essere una risposta alla domanda dei fuoristradisti duri e puri che preparavano
grosse GS e 950 Adventure per affrontare percorsi fuoristradistici più consoni
a leggere monocilindriche 450.
A suo tempo l’HP2 Enduro fece scalpore perché
pesava 24 chili in meno della GS da cui derivava, e introduceva approccio ed
elementi anomali per la produzione BMW dell’epoca. A distanza di dodici anni (e
a nove dall’uscita di produzione del modello) la richiesta, ancorchè di
nicchia, rimane elevata e a colmare il vuoto ci ha pensato la Touratech
sviluppando in coordinamento con BMW Motorrad la Rambler, più leggera di una GS
1200 di ben 50 chili, più potente di una HP2 Enduro di cui può essere
considerata la degna erede, dotata di sospensioni specifiche per l’utilizzo
fuoristrada (ma senza disdegnare il turismo) e con una silhouette bella e aggressiva
allo stesso tempo. Fin da subito il nome K 199 del progetto ha indicato uno dei
capisaldi della preparazione ovvero il peso massimo finale. Nelle intenzioni della
Touratech la motocicletta sarebbe dovuta risultare più leggera, agile e
versatile rispetto alla R 1200 GS, mantenendone le elevate prestazioni. Detto
fatto la Rambler pesa 199 chili e sprigiona 125 cavalli dal suo boxer
raffreddata a liquido. Per poter ottenere questi (e altri risultati) gli
ingegneri hanno escogitato un piccolo trucco: sfruttare telaio e gruppo
motore/cambio della Roadster con la trasmissione a cardano della GS (con mono
posteriore rivisto da Touratech per ottenere un’escursione pari a 200mm) per
assicurarsi reattività e potenza e un cannotto di sterzo classico cui vincolare
la forcella telescopica di una F800 GS ADV settata specificatamente (230mm
d’escursione e kit Extreme). Spogliata la motocicletta delle sovrastrutture e
delle staffe non necessarie, si è provveduto dapprima a rinforzare il telaio
per il gravoso uso fuoristradistico e dopo ad abbinargli un nuovo “vestito” più
succinto. La carenatura originale ha lasciato il posto a una scatola filtro
personalizzata e completata da una copertura in fibra di carbonio rinforzata in
plastica (CFRP), sono state create barre di protezione tubolari specifiche e un
nuovo serbatoio autoportante in alluminio da 16,2 litri, piazzato sotto la
sella, che funge anche da telaio ausiliario, accoppiato a un secondo serbatoio da
1,8 litri in plastica in cui è alloggiata la pompa carburante garantendo una
capacità totale di ben 18 litri. La sella estremamente sottile, è stata
sviluppata con un nuovo processo per TT-3D e non richiede alcuna piastra di
base risultando estremamente leggera. I cerchi sono degli Excel accoppiati a pneumatici
Metzeler Karoo 3 da 90/90-21 davanti e 150/70-17 dietro; freno anteriore
monodisco da 300mm e posteriore da 276 con ABS, scarico Akrapovic in titanio
realizzato su specifiche Touratech, batteria agli ioni di litio, nuovo manubrio
e relativi comandi, pannello di protezione del motore in CFRP che protegge
carter e coppa e una serie infinita di pezzi prelevati dalla produzione di
serie delle motociclette BMW (i fari, ad esempio, provengono sia dalla G450X
sia dalla Nine T). Della Rambler sono stati assemblati due prototipi
regolarmente omologati e in vendita che differiscono unicamente per le livree:
nero-grigio-giallo in pieno stile Touratech uno e nei classici colori BMW
Motorsport bianchi-blu-rosso l’altro, quasi a voler sugellare una prossima
joint-venture tra i due marchi. Perché immaginare la moto dei propri sogni è un
discorso, ma poterla acquistare è ben altra cosa.
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