lunedì 2 aprile 2018

E’ crisi vera?

Il campionato delle derivate di serie è un gigante dai piedi d’argilla che rischia di crollare rovinosamente sotto il peso di regolamenti mortificanti.
Dopo due round e quattro manche, la Superbike può annoverare già tre differenti vincitori tra i piloti, due costruttori sul gradino più alto del podio e alcuni comprimari che nel prosieguo del campionato potrebbero rivelarsi in modo spettacolare e rendere il campionato più “piccante”. E sebbene i veri valori in campo si vedranno solo a partire dal prossimo round d’Aragon (che aprirà la stagione “europea” della Superbike) le prime due tappe del mondiale delle derivate di serie hanno messo in evidenza alcuni luci e molte ombre.
Innanzitutto dei team privati l’unico in grado di lottare contro gli ufficiali è il Barni Racing assieme a quel fenomeno che risponde al nome di Xavi Fores. Lo spagnolo, che continua la splendida scia di risultati iniziata la scorsa stagione, al momento è terzo in classifica generale dietro agli ufficialissimi Rea e Melandri rispettivamente in sella alla Kawasaki Ninja e alla Ducati Panigale V2. Inoltre nel gruppo degli “altri” in questi primi due round hanno ben figurato sia Camier, al suo primo anno in sella alla Honda CBR1000, sia il duo della Yamaha formato da Lowes e Van der Mark con le rispettive R1. Questi ultimi in Thailandia hanno sfruttato il rovesciamento della griglia di partenza in gara 2 portando a casa un secondo e un terzo posto fondamentali per la classifica. Rispetto all’anno passato, a parità di pista e di manche, gli yamahaisti hanno abbassato il proprio best lap di qualche decimo e hanno concluso la gara in un tempo minore di un paio di secondi mostrando performance in crescita. Ma qui si apre la prima questione in quanto a fronte dei miglioramenti della concorrenza, Ducati e soprattutto Kawasaki sembrano essere progredite meno. Infatti se da un lato sia Davies che Rea si sono divisi le vittorie sul circuito tailandese, dall’altro il pilota della Kawasaki ha accusato un grave calo di prestazioni in gara 2 a causa, probabilmente, della partenza dalla nona posizione in griglia che lo ha costretto a forzare (sbagliano in alcuni frangenti) e spremendo il proprio motore che alla fine ne ha risentito. Di contro Melandri vincitore delle prime due manche in Australia, sul circuito di Buriram sembrava l’ombra di se stesso con una moto nervosa che non gli ha permesso ne di difendere il primato in classifica e neppure di lottare almeno per il podio. In sintesi i regolamenti hanno mortificato campioni e case costruttrici alterando di fatto i risultati (almeno in gara 2 in Thailandia) mostrando la deriva che il campionato sta prendendo. Ci chiediamo, quindi, che senso abbia la Superpole dal momento che il più veloce in prova può sfruttare il vantaggio solo nella manche del sabato; a questo punto avrebbe più senso armarsi di sacchetto della tombola ed estrarre i posti dei piloti in griglia…almeno il caso (o era il caos?) sarebbe più democratico! Anche le limitazioni dei giri motore hanno mostrato tutti gli svantaggi quando il campione del mondo in carica, in un’affannosa rincorsa per risalire posizioni dopo essere partito nono in griglia in gara 2 dopo la pole e la vittoria del sabato, è incappato in diversi errori in frenata dovuti al ritmo elevato cui ha sottoposto se stesso e la sua Ninja a causa delle performance minori, conseguenze di un motore che per regolamento non poteva sfruttare tutti i giri disponibili (e per cui era stato progettato e preparato fino alla scorsa stagione). Ribadiamo il concetto: le luci del campionato sono i costruttori che continuano a credere nella formula delle gare per motociclette derivate dalla serie (e qui sta il nocciolo della questione) e i piloti che a dispetto delle limitazioni continuano a battagliare e a dare il massimo spinti dalla voglia di vincere. Le ombre sono tutte racchiuse nel regolamento che altera artificialmente i valori in campo e i risultati, in nome di un presunto livellamento che dovrebbe generare più spettacolo ma che invece obbliga alcuni piloti a rischiare di più. E come se ciò non bastasse, sappiate che dopo Aragon dovrebbero essere applicati i correttivi regolamentari relativi (tra cui i giri motore), per livellare limitare ulteriormente le prestazioni di chi ha già vinto troppo. Il bello è che dovrebbero, ma non è detto che vengano effettivamente messi in atto perché alcuni sono pressochè inutili (stop all’evoluzione di tutti quei particolari che potrebbero essere sviluppati) e altri non per forza attivabili in automatico (i famigerati interventi al regime massimo dei propulsori). Insomma chi vivrà vedrà e nell’attesa si spera che chi di dovere si ravveda per tempo.  










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