CHRISTIAN
BAGUTTI
Henry
Ford soleva dire della Model T “Ogni cliente può ottenere una Ford T colorata
di qualunque colore desideri, purché sia nero”. Al di là delle contingenze
tecniche, questa frase è l’apoteosi del concetto di produzione di massa.
Di per
se non è sbagliato, ma se già nel settore delle automobili la customizzazione è
un piacere (costoso) che inizia dalla scelta degli optional, nel mondo delle
due ruote è una contingenza dettata dalla natura ludica del mezzo. Christian
Bagutti avvertiva la mancanza d’originalità nella produzione in serie odierna e
vi ha posto rimedio. Lo abbiamo intervistato per voi partendo proprio dalla sua
special: la XJR Patton.
Garage Italiano - Iniziamo dalle basi. Sei
fondatore ed editore del magazine Case Style ma anche appassionato
motociclista. Qual’è stata la scintilla che ti ha portato alla realizzazione
della XJR Patton?
Christian
Bagutti - Tutto nasce dal presupposto che le fantasie possono tramutarsi in
realtà e così in effetti è stato. Non mi appagavano i modelli in commercio,
troppo simili nell’estetica, linee spigolose e decisamente anonime. Volevo tra
le mani un motore potente ed una linea morbida ma “incazzata”, un mix tra
passato e presente… una “new vintage” come la definisco io. Ancor prima di
acquistare la Yamaha XJR originale avevo aperto in photoshop una fotografia
recuperata dal web ed ho iniziato a modificarne l’avantreno e la colorazione
del serbatoio, fino a rinnovarne completamente il posteriore. Avevo già tutto
in testa quindi il montaggio a computer è stato veloce. Quella era l’idea
iniziale e quella è rimasta fino alla fine.
G.I. - Codino modificato, avantreno di una
RSV4 factory e livrea ispirata alle Yamaha da GP anni ’80: hai fatto tutto da
solo o ti sei affidato a specialisti del settore?
C.
B. - Molti componenti sono stati realizzati da mani esperte artigiane su mio
disegno personale, in primis voglio ricordare la professionalità di Vito
Rosciano CNC nella realizzazione delle piastre di sterzo per il nuovo avantreno
RSV4 Factory. Il posteriore originale è stato eliminato completamente a partire
dal telaio che ora ospita la nuova sella biposto disegnata e realizzata
anch’essa da me. La colorazione doveva essere “hot”… fuoco… e penso che
l’obiettivo sia stato centrato.
G.I. - Molti pezzi nascono da tuoi disegni.
Rispondono prima di tutto ad un’esigenza tecnica o estetica?
C.
B. - L’estetica non deve influire negativamente sulla ciclistica. Il tutto è stato
pensato ai fini di una massima resa esteriore sulla base del concept iniziale,
ma allo stesso tempo la presenza di nuovi componenti racing ed artigianali
hanno avvalorato ulteriormente la guidabilità che ora risulta ancora più
precisa e sicura. Persino la posizione di guida è veramente eccezionale,
ovviamente parlo per me stesso poiché l’ho realizzata in base alle mie
caratteristiche fisiche non propriamente esili di 193x103. Inoltre è stata
alleggerita tantissimo, l’impressione è di guidare un 600.
G.I. - Ci hanno colpito tre particolari: i
copri ammortizzatori posteriori, la tabella porta numero anteriore trasparente
e le calamite sui riser per agganciare lo smartphone che funge da
strumentazione.
C.
B. - Qualche spunto l’ho preso anch’io… Innanzitutto mi ritengo il classico
smanettone da smartphone e quindi avevo già notato alcune applicazioni che
potevano sostituire la classica strumentazione. La cosa interessante è che le
app permettono svariate combinazioni grafiche del tachimetro, quindi, in base,
diciamo, “all’umore” del momento è possibile impostare quello più adatto
graficamente o di colore. Le calamite che sorreggono lo smartphone le considero
veramente una chicca… penso non esista sul mercato un sistema cosi minimale ed
immediato nel fissare lo smartphone al manubrio! Le “calze” agli
ammortizzatori?... generalmente le utilizzano i quad in gara, mi piaceva l’idea
ma anche questa doveva essere personalizzata, quindi ho preferito farle
realizzare dal mio sarto di fiducia in total red e rigorosamente anonime!.
G.I. - Possiedi altre motociclette
customizzate?
C.
B. - Ho una divertentissima Harley 1200 XR total black modificata flat track ma
non paragonabile alla XJR Patton… e poi qualche altro mezzo ma originale.
G.I. - Da dove viene il nome della tua
special?
C.
B. - Sono appassionato della seconda guerra mondiale, in particolare mi ha
sempre affascinato il generale Patton che liberò la Sicilia dall’invasione
nazista. Il mio bull terrier l’ho chiamato Patton in onore del militare
d’acciaio americano, mentre la mia femmina anche lei di razza bull terrier si
chiama Beatrice, moglie siciliana del generale. La XJR l’ho chiamata Patton,
questa volta in onore del mio cane maschio.
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