IL
CANTO DEL CIGNO DI MANDELLO
L’idea
moderna che si ha di una motocicletta supersportiva, generalmente coincide con
le mille quadricilindriche (siano esse giapponesi, italiane o tedesche), le
bicilindriche bolognesi e le
tricilindriche anglosassoni. Mezzi da oltre 200 cavalli alla ruota, con
sospensioni settate prima di tutto per la pista, carenature complete e filanti
e telai ultra rigidi. In realtà le motociclette sportive hanno cambiato
fisionomia nell’arco del tempo seguendo quell’evoluzione tecnologica che dai
circuiti veniva riversata nel prodotto di serie. Ciononostante esiste una via
parallela a quella “istituzionale” battuta da tedeschi e italiani in primis e
che vuole moto si sportive ma anche con un carattere “particolare”.
E’ il caso
delle BMW boxer serie S e HP e di alcune Moto Guzzi dotate del bicilindrico a V
di 90 gradi. Se però nel primo caso la distinzione è abbastanza netta e
precisa, nel secondo i confini tra un modello e un altro sono più nebulosi.
Eccezione fatta per la MGS-01 Corsa, la gemma rara della produzione lariana che
ha fatto gridare prima al miracolo per l’esecuzione del progetto, e poi allo
scandalo quando fu deciso che non sarebbe stata prodotta una versione
omologata. Questa lunga riflessione nasce dopo la lettura di un annuncio sul
web in cui veniva messa in vendita proprio una MGS-01 Corsa. Al di là del
prezzo richiesto (80.000 euro a fronte dei 25.000 richiesti dalla fabbrica a
suo tempo) giustificabile data la tipologia di motocicletta, abbiamo colto la
palla al balzo per ripercorrere la storia di questo incredibile modello che
fece sognare i guzzisti di tutto il mondo. Per quanto possa apparire ai più non
propriamente corretto, la genesi dell’ultima Moto Guzzi da pista inizia in
America grazie al lavoro di preparazione di Dr. John (alias John Wittner),
dentista appassionato del marchio lariano. Wittner sbaragliò per ben due anni
di fila la concorrenza nel campionato Endurance nella metà degli anni ’80 con
una moto Guzzi preparata secondo la sua personalissima ricetta che diventerà la
base ispiratrice della MGS-01 degli anni 2000! Difatti all’inizio del nuovo
millennio, durante il GMG, il management della Moto Guzzi vede esposte una
Supertwin e una Furia della Ghezzi-Brian e decide d’affidare alla piccola
factory la realizzazione di una supersportiva dotata del bicilindrico di
Mandello. Viene data loro carta bianca e un unico dictat: la moto deve stupire.
Nasce così l’MGS-01 presentata come show bike nel 2002 e inserita in listino
nel 2004 nella versione corsa. E se esteticamente la moto era di una bellezza
disarmante con il codino corto e la semicarena che nascondeva il radiatore
dell’olio dove di solito venivano montati i fari, tecnicamente trasmetteva
un’idea di fisicità e brutalità come solo i mezzi da competizione sanno fare. Era
equipaggiata con una versione del bicilindrico montato sulla Daytona, rivista
secondo a ricetta vincente del Dr. John: 1.225 centimetri cubici, quattro
valvole per cilindro, iniezione elettronica, cambio a sei rapporti con trasmissione
finale a cardano, 11,6 chilogrammetri di coppia massima e 130 cavalli di
fabbrica che diventavano 165 nella versione preparata per la pista. Il grosso
bicilindrico tuonava da uno scarico singolo sottosella da cui espelleva i gas
combusti dai leggerissimi pistoni Cosworth ad alta compressione da 100
millimetri. Il telaio era formato da una struttura tutto sommato abbastanza
semplice con un grande trave d’acciaio discendente, irrobustito con puntoni e
fazzoletti, che andava dal cannotto di sterzo (inclinato di 23,5 gradi) fino
alla scatola del cambio dove era infulcrato il forcellone scatolato d’alluminio,
collegato al mono Ohlins attraverso dei leveraggi. Questo espediente tecnico fu
adottato per ottenere un interasse relativamente corto (1.423 millimetri) pur
montando un forcellone più lungo che migliorava la stabilità del mezzo.
L’avantreno (Ohlins a steli rovesciati con riporto TiN e pinze freno Brembo ad
attacco radiale con dischi da 320 millimetri) derivava direttamente dalla
“sorella” Aprilia RSV Mille R mentre i cerchi, robusti e leggeri, erano degli
OZ a cinque razze forgiati in alluminio. In questa configurazione l’MGS-01
pesava 192 chili (di cui 93 il motore) e non poteva essere definita propriamente
un fuscello (soprattutto in relazione alla produzione sportiva dell’epoca). Ma
vantava due peculiarità fondamentali che la inserivano di diritto nella
categoria racing: le quote ciclistiche estreme (che garantivano stabilità pur
richiedendo una guida molto fisica) e il bicilindrico raffreddato ad aria che
nonostante la vetustà del progetto (pur aggiornato) erogava una buona potenza e
un’elevata coppia che definivano il carattere del propulsore il quale spingeva
progressivamente fuori dalle curve mentre l’avantreno disegnava la traiettoria
in modo millimetrico. L’MGS-01 oltre a essere vittoriosa nel 2006 e 2007 a
Daytona nella Battle of Twins (con Gianfranco Guareschi) e nel campionato
italiano Supertwins, ripagava chi sapeva guidarla con intense emozioni come
poche altre motociclette erano in grado di fare. Ciononostante in Moto Guzzi
decisero che non sarebbe mai stata prodotta una versione omologata per
l’utilizzo su strada. Quindi se il vostro sogno è un mezzo viscerale
dall’erogazione poderosa e con una guida “all’italiana” (e se avete 80.000
euro) l’occasione è più unica che rara.
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