Cosa
ci aspettiamo dal campionato delle derivate di serie e cosa resterà a fine
stagione dopo l’attuazione dei nuovi regolamenti.
Chi
scrive segue il mondiale Superbike praticamente dagli esordi, prima sulle
pagine delle riviste specializzate e da metà anni ’90 in televisione (compresa
la grottesca parentesi Rai). E proprio per questo l’evidente crisi del
campionato, dovuta principalmente a regolamenti creati per livellare le prestazioni
delle motociclette ma che nella realtà non hanno sortito quest’effetto, sta
gettando lunghe ombre scure sul futuro della Superbike che vive la peggiore
deriva dalla sua nascita.
E’ evidente che quella che dovrebbe essere
considerata la massima categoria dei vari campionati nazionali dedicati al
prodotto di serie, appare “scollata” dalla realtà. Proporre riduzioni del numero
dei di giri del motore quando in prima istanza viene permesso di modificarli
appare un evidente controsenso perché, in sintesi, prima invitano team e
costruttori a elaborare i propulsori e dopo, se vinci, li strozzano. La
riflessione nasce dalle recenti dichiarazioni fatte dal project leader di
Kawasaki Yoshimoto Matsuda alla presentazione del team ufficiale, in cui ha
detto che auspicherebbe una Superbike libera in cui potessero correre moto con
cilindrate e frazionamenti eterogenei e dove siano previsti anche propulsori
turbocompressi ed elettrici e con l’unico vincolo d’usare mezzi e componenti di
serie. L’importanza di questa dichiarazione è fondamentale in ottica futura per
il campionato delle derivate di serie, perché arriva da un personaggio
fondamentale del team che ha dominato le ultime tre stagioni e che è stata
penalizzata, inutilmente e senza risultati, dagli attuali regolamenti. Se
infatti Rea dovesse continuare a vincere, abbasseranno il regime massimo del
suo motore fino a farlo spegnere? O applicheranno la limitazione dei giri a
tutte le Ninja in griglia? Purtroppo al momento non ci è dato saperlo. Quel che
possiamo intuire è che in seno alla Superbike si sta preparando un braccio di
ferro tra la Dorna e i costruttori giapponesi (capeggiati probabilmente proprio
dalla Kawasaki). Infatti se diamo un occhiata oltre la siepe dell’orticello
SBK, potremo osservare come i campionati nazionali siano vivi e vegeti e godano
di ottima salute sia per numero d’iscritti sia per lo spettacolo offerto in
pista al pubblico. Perché ipotizzare regolamenti simili a quelli dei maggiori
campionati nazionali come ad esempio il BSB o l’All Japan Superbike (che
attirano pubblico, sponsor e case costruttrici) vorrebbe dire garantire ai
costruttori una notevole riduzione degli investimenti e materiale già pronto
per i team, senza dimenticare lo spettacolo in pista.
Nessun commento:
Posta un commento