Se siete tra coloro che pensano che la Indian si chiami così perché fondata in India…beh siete fuori strada. E poiché quest’anno ricorre il 115esimo anniversario della fondazione, quale migliore occasione per dirimere ogni dubbio sulla più antica marca di motociclette AMERICANA (nonché, per un certo periodo, anche la più grande industria motociclistica del mondo)?
1946-2016:
GLI ULTIMI FUOCHI, LA CHIUSURA E LA RINASCITA
Ralph
B. Rogers uomo d’affari e filantropo, acquisisce nel ’45 dai fratelli DuPont la
Indian che alla fine della guerra aveva in listino unicamente la Chief. La
prima azione del rinnovato management è quella di riconvertire la produzione
bellica in civile e di avviare la progettazione di nuovi modelli. Le
motociclette (Arrow, Super Scout e Warrior) pensate dal team d’ingegneri sono
molto distanti dalla precedente produzione Indian; veicoli leggeri e con
piccole motorizzazioni non hanno nulla in comune con le velocissime Scout e
Chief anteguerra, e per la Indian inizia l’agonia che la porterà alla chiusura
definitiva pochi anni dopo. I nuovi modelli non fanno breccia tra il pubblico e
a poco servono gli aggiornamenti tecnici cui viene sottoposta la Chief
(forcella telescopica e motore maggiorato a 1.300cc) e la produzione in
generale (introduzione di particolari cromati e della famosa luce a forma di
“testa d’indiano” sul parafango anteriore). Nel ‘50 Rogers, in qualità di
presidente dell’azienda, viene sostituito da John Brockhouse e nonostante i
successi sportivi, nel ‘53 la Indian Motocycle Company viene dismessa e la
produzione interrotta, lasciando campo libero alla storica rivale Harley-Davidson.
I quasi sessant’anni che seguiranno saranno i più bui della compagnia. Nel ’55 Brockhouse
acquisisce i diritti per l’uso del nome Indian e fino al ’60 lo applicherà sui
serbatoi dei modelli Royal Enfield che importerà negli Stati Uniti. Nel ’60
l’inglese AMC acquisisce il nome Indian per vendere negli USA Matchless e AJS
con il marchio americano ed evitare la concorrenza con la Royal Enfield; con la
messa in liquidazione della AMC nel ’62 la Indian passa nelle mani di Giuseppe
Berliner che non lo userà in alcun modo. Curiosamente, e in modo non del tutto
chiaro, tra il ’63 e il ’70 Floyd Clymer appone il marchio indian su delle
minimoto da cross di 50cc e successivamente, utilizzandone la base, anche sulle
Italjet Grifone e su un modello completamente nuovo (la Velo 500) che monta il
monocilindrico della Velocette. Alla morte di Clymer, la moglie cederà il diritto
d’uso del nome Indian al suo avvocato, Alan Newman, che continuerà ad utilizzarlo
“marchiando” piccole motociclette costruite a Taiwan e proseguendo per un certo
periodo la collaborazione con gli europei. Nel ’74 Newman affida a Tartarini lo
sviluppo di un prototipo basato sul bicilindrico di 860cc della Ducati. Il
progetto (e con esso la Indian) fallisce nel ’77 e da quel momento il marchio verrà
ceduto diverse volte generando dispute legali anche in virtù dell’affaire
Clymer. L’unica nota positiva di questo lungo periodo oscuro, è la famosa
impresa realizzata Burt Munro che nel ’67, all’età di 68 anni, stabilirà il
record di velocità a Bonneville “planando” sulla sua crosta salata a 184,087
miglia orarie a bordo della sua Indian Scout degli anni ’20 ampiamente modificata.
Passa il tempo e proseguono le vicissitudini del costruttore di Springfield
fino a quando nel ’98 la produzione viene riavviata grazie a una cordata di ben
nove società unitesi assieme per costituire la Motorcycle Company Indian
America (IMCA). Verranno messi in vendita tre modelli con altrettanti nomi
storici (Chief, Scout e Spirit) tutti equipaggiati con motori S&S;
l’avventura terminerà nel 2003 con un nuovo fallimento. L’anno dopo Stephen
Julius e Steve Heese, attraverso la Stellican Ltd., acquistano i diritti del
marchio e creano la Indian Motorcycle con base a Kings Mountain (Carolina del
Nord). L’avvio della produzione inizia nel 2008 con una nuova Chief
(sostanzialmente un’Harley-Davidson modificata soprattutto a livello estetico)
che non riscuoterà alcun successo, e nell’aprile del 2011 la Stellican Ltd.
cederà la Indian Motorcycle alla Polaris Industries Inc. Si tratta di un
colosso dell’industria americana, produttore di motoslitte, veicoli
fuoristrada, piccoli mezzi elettrici, e società madre della Victory
Motorcycles. Con l’acquisizione la produzione viene trasferita negli impianti Polaris
a Spirit Lake (Iowa) e il reparto progettazione nel Centro Sviluppo Prodotto Polaris
del Wyoming, in Minnesota. I nuovi proprietari conoscono molto bene il settore
delle due ruote e hanno le idee chiare su come rilanciare (finalmente) il
glorioso marchio americano. Si lavora alacremente e nel 2013 al Daytona Bike
Week viene presentato il primo frutto della rinnovata gestione: il nuovo e
potente V-Twin Thunder Stroke 111 che andrà ad equipaggiare tre modelli (Chief
Classic, Chief Vintage e Chieftain) completamente nuovi ma rispettosi della
tradizione e del DNA del marchio. Tra l’entusiasmo della folla viene anche
svelata una rielaborazione moderna, basata sulla nuova produzione, della moto
da record di Munro. E’ la ciliegina sulla torta che sancisce la fine di un
lungo periodo buio e l’inizio di un nuovo corso per la Indian. Già entro l’anno
la line up passa da tre a sette modelli con l’introduzione della nuova Scout
con propulsori dedicati di 1.130 e 980cc. Si amplia la rete vendita, si creano
eventi in cui far provare l’intera produzione (demo ride); customizer di
livello mondiale cominciano ad affiancare alle onnipresenti Harley-Davidson,
special su base Indian. Nel 2014 sempre al Daytona Bike Week, viene presentato
l’Indian Motorcycle Riders Group (IMRG) il club ufficiale dedicato a tutti i
possessori di modelli del costruttore americano. La gamma continua ad ampliarsi
e le riviste di settore tributano premi al marchio e ai singoli modelli.
L’attenzione della Polaris per la Indian è evidente fin da subito: piuttosto
che apporre semplicemente il marchio sui serbatoi della produzione Victory, pur
sfruttando le sinergie del caso creano modelli che rispettano in pieno la
tradizione del costruttore di Springfield. E per i 115 anni dalla fondazione si
sono regalati una nuova scommessa: tornare nelle corse del circuito AMA flat
track con una motocicletta completamente nuova di 750cc. Come dire che il
futuro di fronte alla Indian è più roseo che mai.
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