Stravolta
nel look ma non nella sostanza, la Buell XB9 rinasce più strana che mai grazie
alla factory inglese deBolex Engineering.
Amate
e detestate in eguale misura, le piccole Buell potevano contare su uno zoccolo
duro di affezionati proprietari (o semplici fans) che ne sapevano apprezzare le
caratteristiche intrinseche nonostante un look che, soprattutto su alcuni
modelli, lasciava perplessi. Aggiungere alla sanguignità della ciclistica il
caratteristico bicilindrico Harley-Davidson dello Sportster (con tutti i pro e
contro del caso) non faceva altro che acuire la pletora degli estimatori e dei
detrattori.
Solo l’utilizzo del twin Rotax mise tutti d’accordo confermando che
nonostante il notevole incremento di potenza, design e carattere delle Buell
era stato irrimediabilmente compromesso. Oggi più che in passato (come capita
spesso, del resto, in questi casi) con la chiusura del marchio le Buell sono
diventate ricercatissime e piuttosto care. Ciononostante non è raro che i
preparatori sfruttino la buona base (anche quella motorizzata Rotax) e il
discutibile stile per proporre customizzazioni più o meno ardite. Se da un lato
è sempre piacevole ricordare le preparazioni della Ronin, dall’altro lato è
corretto attenzionare anche altre factory come, ad esempio, la londinese
deBolex Engineering che sulla base di una XB9 City X (la più urbana e stilosa
delle Buell) ha approntato una trasformazione principalmente estetica che
ringiovanisce il progetto sfruttando le linee guida che vanno per la maggiore
tra i customizer del nuovo millennio. L’idea era quella di mantenere il “nucleo
vitale” della moto di serie (rispettando quindi lo sforzo del costruttore)
aggiornandone principalmente l’aspetto e alcune componenti. E così spogliata di
tutte le sovrastrutture e sfruttando la centralizzazione visiva dei componenti
all’interno della zona centrale, si è lavorato immediatamente sull’anteriore
(piuttosto esile nella versione stock) sostituito con una forcella Showa ex
Ducati 899 Panigale con tanto di impianto frenante Brembo Serie Oro a doppio
disco e con pinze monoblocco (in luogo del singolo perimetrale); per
armonizzare il nuovo e più sportivo avantreno con il retrotreno è stato montato
un mono Maxton RT10 con serbatoio della regolazione separato. Stesso discorso
per i cerchi sostituiti con dei leggerissimi elementi in carbonio della Dymag a
cinque razze con tanto di pneumatici ultrasportivi Metzeler serie Roadtec 01.
Da qui in poi, con la Buell sulle sue “gambe” si è lavorato sulle nuove
sovrastrutture(tutte in alluminio) e
sulla posizione di guida. Sfruttando una delle caratteristiche più distintive
della Buell, ovvero il telaio che funge anche da serbatoio, il team di deBolex
Engineering ha costruito un nuovo “finto” serbatoio sotto cui si sono stati
sistemati una batteria agli ioni di litio e un più performante filtro aria
K&N che fa il paio con il nuovo impianto di scarico home made due in uno
con terminale Spark a megafono. Per la coda si sono ispirati allo stile delle
Kawasaki Z degli anni ’70, sfruttando un nuovo telaietto che si mimetizza sotto
l’elemento principale e che sorregge buona parte dell’impianto elettrico.
Strumentazione, centralina e indicatori della Motogadget, fari a led, manubrio
Rizoma, leve Accossato e manopole Renthal; ma il colpo di grazia è il radiatore
dell’olio posizionato sulla mascherina anteriore similarmente a quanto proposto
proprio dalla Ronin (citata poco sopra non a caso!). L’hanno chiamata 1/1 per
sottolineare che si tratta di una one off, un pezzo unico non replicabile
(almeno nelle loro intenzioni). E secondo noi hanno ragione perché è un po’
come una donna intelligente e bella che con il passare del tempo crea e rinnova
il suo stile…che è suo, appunto, e di nessun’ altra.
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