Non
convenzionale, bicolore e piena zeppa di soluzioni ardite. E dire che era solo
una Transalp!
Ci
sono progetti geniali e pragmatici che per attenzione (o per fortuna) risultano
oltre che funzionali anche belli come ad esempio l’Honda Transalp. Eppure
quella che potrebbe sembrare una motocicletta perfetta, con il tempo viene data
per scontata 8non sempre ma sicuramente spesso) al punto da essere quasi
snobbata. In sintesi è un po’ come dire (e ne siamo stati testimoni in prima
persona) che la Transalp è una gran moto ma siccome ce ne sono molte in giro si
va alla ricerca di qualcosa di meno “commerciale” e con più personalità. In
sintesi i pregi (che sono tantissimi) vengono messi in secondo piano in favore
di presunti difetti che appaiono più come scuse che non reali al punto da far
dire che si tratta “solamente” di una Transalp!
Per fortuna queste “scenette da
manicomio” non sono la costante e quando ci capita di scovare una special come
quella che potete ammirare in foto un risolino beffardo fa capolino sul nostro
viso. Impostata, definita, incasellata, categorizzata la Transalp era figlia
dell’euforico ed eccessivo decennio degli anni ’80 (il primo prototipo risale
al 1985 e della serie XL monocilindrica che corse anche nella durissima
Paris-Dakar. Ciononostante a ben vedere della Transalp dell’87 usata come base
per questa special, è rimasta solo parte del telaio e del motore mentre tutto
il resto è, come dire, non convenzionale se non addirittura ardito.
Innanzitutto la moto cambia aspetto se la osservate a destra o a sinistra
grazie alla vernice bicolore; c’è poi il gruppo serbatoio/sella realizzato in
un pezzo unico di carbonio e fibra di vetro e il ministrumento Motogadget posizionato
proprio accanto alla manopola sinistra. In sintesi è un concentrato di
apparenti “stranezze” ben miscelate che conferiscono carattere e unicità alla
maxi enduro giapponese. Certo il lavoro non è stato semplice dal momento che la
moto era ferma da quattro anni, con ruggine “fiorita” praticamente ovunque e
con tonnellate di plasticosità da eliminare per modellare una nuova linea
partendo un’informe massa d’argilla. In più il committente voleva un mezzo
muscoloso da guidare “sopra” le montagna, e considerando che il Transalp
nasceva con un’impostazione ben diversa (se non addirittura opposta) si può ben
capire a quale mole di lavoro è stato sottoposto il team di EEM. E così mentre
in un angolo dell’officina il propulsore veniva revisionato e aggiornato con
nuovi elementi (carburatori Mikuni riposizionati, nuovi filtri K&N e
scarico accorciato) dall’altra parte si lavorava su quel che rimaneva del
telaio. Come detto poco sopra, il gruppo sella/serbatoio è un pezzo home made
pensato per poter essere aperto come il cofano di un auto sportiva così da
permettere un facile accesso agli elementi elettriche e al…radiatore
posizionato sotto il telaio reggisella! Una delle componenti che hanno
richiesto maggiore attenzione (e lavoro) è stato proprio l’impianto di
raffreddamento che prevede una ventola che risucchia l’aria per poter
raffreddare la massa radiante. Altra particolarità degna d’essere menzionata è
la misura degli pneumatici da 180 sia all’anteriore che al posteriore che fanno
il paio con il nuove sospensioni più sostenute e con l’impianto frenante
maggiorato per poter venire incontro ai desideri del proprietario che voleva
una special in grado di superare letteralmente le montagne! Va da se che lo
stile con cui guidare questa moto è influenzato positivamente dalla perdita di
peso e dal motore che ha contestualmente acquisito più brio. Infine due
curiosità: il nome, Cobra, ispirato dalla forma del serbatoio simile alla testa
del velenoso serpente e la decisione di utilizzare una vernice bicolore bianca
e nera per sottolineare la doppia anima aggressiva e sportiva ma anche elegante
e minimalista di questa special. E dire che era solo una Transalp!
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