La
vera base per ottenere una scrambler BMW non è la GS ma la ST e ve lo
spieghiamo in quest’articolo.
Capita
in tutte le famiglie, anche nelle migliori, d’avere un cugino, uno zio…un
parente, insomma, che viene “dimenticato” perché ritenuto strano o bizzarro. E
più o meno anche nella storia delle BMW a due ruote è presente un modello che
pochi ricordano e che la stessa casa madre ha “dimenticato”.
Si tratta della
R80ST, strettamente derivata dalla sorella più famosa GS e dotata di una ruota
anteriore da 19 pollici, sospensioni più corte e pneumatici più stradali; in
sintesi una GS votata all’uso cittadino e al turismo e, solo se necessario,
anche a qualche puntatina su strade di campagna. Come prevedibile ha fatto una
fugace apparizione con scarso successo (troppo forte il paragone con la “moto
totale” GS), ma oggi può segnare il suo riscatto grazie alla “mania” imperante
di trasformare qualunque moto con uno scudetto bianco e blu in una scrambler. E
già perché se sulla GS originale bisogna riassettare le sospensioni, sulla ST è
già tutto bello che pronto e se sulla sorella famosa ci si scontra con l’annoso
problema della ruota anteriore da 21 pollici (che piace agli enduristi da fango
e mulattiere dure e pure ma che all’utente medio crea qualche disagio quando ne
saggia la dinamica sull’asfalto) sulla parente “dimenticata” ne abbiamo una più
cittadina da 19. Fulgido esempio di questa teoria è la R80 STrial creata da
Fuel Motorcycles che ha trasformato una R80ST dell’84 in una scrambler,
trovando l’ispirazione nelle BSA, Triumph e Penton degli anni ’60 che correvano
nell’ISDN, la durissima gara d’enduro meglio conosciuta come Sei Giorni.
Caratterizzate da piccoli fari, manubri bassi, pneumatici dual (come si dice
oggi) e selle monoposto, potevano correre per giorni nei sottoboschi come nelle
mulattiere senza cedere sul fronte dell’affidabilità. Paradossalmente la prima
modifica ha riguardato l’avantreno su cui è stata montata la sospensione di una
K75 Sport adattata e un impianto frenante Brembo con disco da 320mm; dietro fa
bella mostra di se un mono pluriregolabile della Wilbers inserito in un nuovo
telaietto più sottile, corto e resistente alle sollecitazioni dell’uso in
fuoristrada. La sella è stata sostituita con un elemento più piccolo rivestito
in pelle per completare la nuova posizione di guida modificata dall’uso di un
manubrio Tomaselli e dalle nuove pedane specifiche per il fuoristrada. Altri
elementi distintivi sono lo scarico due in due con un terminale per lato
maggiormente angolati verso l’alto per aumentare la luce da terra, i fari
provenienti da moto da trial spagnole, le frecce (ex Triumph), i nuovi
parafanghi, la strumentazione Motogadget, gli specchietti rovesciati, le
manopole, le leve Magura, gli pneumatici Continental TKC 80 e il serbatoio di
una Kawasaki KZ750 su cui è stato montato un selettore del cambio di una Ural
utilizzato in questo caso per gestire il motore quando è ancora freddo. Il
committente di questa special abita tra le alpi austriache e non stentiamo a
credere che si stia divertendo come un matto. Ciononostante qualcuno potrebbe
storcere il naso dal momento che la STrial sembra più che altro un’endurona
classica. Nulla di più sbagliato, perché le scrambler nascono proprio da moto
stradali lievemente modificate per affrontare percorsi sterrati mischiando (“to
scramble” appunto) moto nate per l’asfalto con componenti dedicati al
fuoristrada. Tutto chiaro, no?
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