BREVE
STORIA TRISTE…CON LIETO FINE!
Se
credete che solo negli Stati Uniti sia possibile trovare una scatola con una
motocicletta smontata (magari una classicissima Harley Shovel o Kunckle), beh
dovrete ricredervi. E possiamo essere certi che la vostra espressione sarà
ancora più incredula quando scoprirete che la protagonista della “mistery box”
era una Moto Guzzi V7 Sport 750 degli anni ’70…il “bassotto” come veniva
affettuosamente chiamata ai suoi tempi.
Icona di un motociclismo nostrano fatto
di pieghe ardite e potenze che oggi farebbero sorridere i moderni proprietari
di maxi scooter, la Sport era quanto di meglio si potesse possedere a
quell’epoca. Per rendere l’idea di cosa era capace questa 750 vi basterà sapere
che la sorella Special, sicuramente meno sportiva, era pubblicizzata con lo
slogan “Sapete tenere i 180 per 12 ore?” ricordando che quel propulsore era
stato in grado di coprire la distanza di 2.154 chilometri e 636 metri in 12 ora
a una media di 180 chilometri orari! E se oggi sembrano comunque un buon
risultato, figuratevi negli anni ’70 quando non solo le motociclette erano più
“cagionevoli” e meno affidabili ma anche nettamente meno veloci (e non solo sulla
distanza!) della V7. Ebbene una motocicletta di questo tipo dovrebbe essere
custodita e accudita sia per il suo retaggio storico che per le sue intrinseche
qualità costruttive e di guida. Salvo non capirci nulla e smembrarla per
riporla in uno scatolone in attesa che qualcuno se la porti via. Che poi è più
o meno ciò che è successo a questa V7 Sport acquistata da uno svedese e consegnata
nelle sapienti mani di Axel Budde di Kaffemaschine, preparatore d’Amburgo con
un amore neppure tanto velato per le bicilindriche di Mandello, il quale ha immediatamente
chiarito ne che avrebbe resuscitato meccanica e spirito senza stravolgerla.
Detto fatto il propulsore è stato revisionato e maggiorato al limite dei 1.000
centimetri cubici sfruttando nuove testate a cui sono state aggiunte modifiche
all’accensione, ai carburatori, alle camme (più sportive) all’albero a gomiti
(alleggerito e ribilanciato) alla frizione (più leggera) e allo scarico. Stesso
discorso per telaio e sospensioni che sono state solo lievemente modificate per
sottolinearne la vera essenza sportiva aggiornando alcuni particolari (nuovi
ammortizzatori posteriori Ikon, nuovi elementi interni per la forcella, cerchi
a raggi in acciaio inox e differenti attacchi per le pedane). Per il colore
Axel ha utilizzato non tanto il verde Guzzi quanto piuttosto una lontana
parente presente nello spettro delle gradazioni cromatiche e adottato dalla
Ford. Per il resto le nuove sovrastrutture in alluminio home made (ad eccezione
dei parafanghi che sono quelli originali ridimensionati), gli pneumatici old
style, i fari a LED, la strumentazione differente e tutti gli altri particolari
(in parte nuovi e realizzati ad hoc, in parte ottenuti riadattando i pezzi di
serie) hanno definito un corollario di oggetti di cui questa special potrebbe
benissimo fare a meno. Perché diciamocela tutta, una Moto Guzzi è prima di
tutto ciclistica e motore; tutto il resto è un surplus dettato dai tempi
moderni non necessario!
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