COSA
RESTERA’ DI QUESTI ANNI ‘80
Nonostante
l’ottimo (e potente) motore e la ciclistica rigorosa e sincera per i tempi, la
Suzuki Katana con quel look forse troppo in anticipo sui tempi risulta più apprezzata
oggi che non quando è stata presentata, andando a ingrossare l’onda del remake
che sta trasformando anche i giallicci e inutilizzabili computer degli anni ’80
in veri e propri oggetti di culto.
E mentre si continuano a inseguire voci di
una possibile erede, a noi piace dilettarci con il modello originale kittato
seguendo precisi e rigorosi criteri che prevedono sospensioni K-Tech, ruote
Dymag, forcellone modificato da Sweet Fabrications, motore preparato con camme
più spinte, valvole in acciaio inox e cilindrata portata al limite dei 1.170
centimetri cubici; il tutto condito da una livrea che riprende i colori
ufficiali Suzuki. E non poteva essere differentemente dal momento che si tratta
di un progetto realizzato dal team Classic Suzuki, un reparto specifico della
casa di Hamamatsu dedicato a versioni racing vintage. Nel caso in specie questa
Katana è stata preparata per correre la quattro ore dell’Endurance Legends che
si svolgerà a Donington Park alla fine di quest'anno, guidata da James Whitham,
Steve Parrish, e Michael Neeves piloti britannici di notevole livello…che
equivale ad asserire che ha ancora da dire la sua! La verità è che gli anni ’80
hanno segnato il passaggio dalle grosse naked del decennio precedente (potenti
ma con telai, sospensioni e gomme ancora troppo approssimative) e il decennio
successivo fatto di sportive carenate e già più estreme per l’uso quotidiano.
La Suzuki Katana (come molte sue concorrenti di quel periodo) rappresentava la
possibilità di poter correre e vincere anche per un pilota privato dal momento
che al di qua e, soprattutto, al di là dell’oceano la formula magica era quella
di motociclette strettamente derivate dalla serie prive di carenature e
modificate in pochi punti strategici (sospensioni, freni e poco altro) per
mettere in pista spettacolari gare combattute fino al traguardo con il classico
coltello tra i denti. Il motore, che già erogava la sua buona dose di coppia e
potenza massime, non necessitava di particolari interventi se non quelli
dedicati a garantire principalmente l’affidabilità nelle competizioni. E
ricordando yuppies alla guida di potenti e scorbutiche Porsche Turbo,
improponibili giacche con spalline imbottite e capelli alla George Michael quando
faceva parte degli Wham, non ci resta che correre a spulciare le rubriche degli
annunci (cartacei e informatici) alla ricerca se non di una Katana, almeno di
una naked di quegli anni da poter modificare nel week end e guidare
allegramente sentendoci, sotto un casco Nava, Spencer o Rayney o Gardner.
Gran Ferro!
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