Il
giovane pilota della Moto2 chiede ai propri tifosi di sostenerlo e lancia una
raccolta fondi per pagarsi una sella per il 2018.
E’
la dura legge del business: chi ha soldi corre mentre chi non li ha, anche se è
bravo, avrà difficoltà a trovare un sellino. Questa è la sintesi di quanto
accade nel mondiale velocità moderno, dove più che il cronometro spesso serve
una borsa piena di soldi.
L‘ultima vittima eccellente di questo odioso
meccanismo è Dominique Aegerter che dopo la prematura scomparsa di Stefan
Kiefer, Team Manager del Kiefer Racing di cui “domi” era pilota, si è
“inventato” la raccolta fondi attraverso un crowdfounding indirizzato
innanzitutto ai suoi 17.000 followers e a chiunque desideri sostenerlo. In
cambio, il pilota svizzero offrirà in proporzione alle donazioni, gadget,
selfie, cene e anche la sua auto. L’idea è quella di raggiungere quota 170.000
euro per poter coprire i costi minimi di una stagione in Moto2 fatta di test,
sviluppi tecnici, trasferte e chi più ne ha più ne metta. La storia di questa
vicenda è breve quanto drammaticamente semplice; per la stagione 2018 il Kiefer
Racing si era garantito una KTM, ma la scomparsa del tema manager ha sconvolto
i piani della squadra che in quel momento stava stringendo accordi commerciali
con i vari sponsor. Sfumata la possibilità di una possibile vendita del team,
Aegerter ha creato la sua personale raccolta di fondi lanciando un appello sui
social, nella speranza di poter raccogliere il denaro necessario per affrontare
l’intera stagione di corse. Fino a quando non sarà ufficializzata la griglia di
partenza degli iscritti in Moto2 non sapremo se il pilota elvetico sarà della
partita. Quel che è certo è che il crowdfounding è la realtà con cui molti
piloti potrebbero trovarsi a fare i conti da qui in poi per poter dimostrare il
proprio valore in campo. La questione è dura da digerire ma l’amara realtà e
che i piloti, soprattutto all’inizio della loro carriera, dovranno imparare a
convivere con questo meccanismo dimostrando in pista il proprio valore un po’
come fece Lauda che da perfetto sconosciuto nell’ambiente della Formula Uno,
pagò per correre e lasciò che il cronometro facesse il resto.
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