Dopo
l’incredibile vittoria di Ducati (e di Dall’Igna) al Red Bull Ring le rosse
cominciano a fare davvero paura.
La
vittoria netta della Ducati (e di Dovizioso) sul circuito Austriaco segna uno
spartiacque fondamentale per il prosieguo del campionato. Innanzitutto per i
punti guadagnati che permettono ad Andrea di puntare con ancora più decisione al
titolo quando mancano sette gare alla fine del campionato. In questo contesto
il pilota italiano, che sta correndo la più bella e proficua stagione da quando
è approdato nella classe regina, ha mostrato una maturità e una cattiveria del
tutto inedite, soprattutto paragonando le sue performance agonistiche del 2017
con le annate precedenti.
Merito del pilota, indubbiamente, che ci crede (e il
numero di vittorie, tre come Marquez e Vinales, è lì a dimostrarlo) ma anche
del gran lavoro di squadra che ha permesso di “rimettere le ali” a una Ducati
che qualcuno, forse per timore, voleva rallentare facendo vietare le appendici
aerodinamiche. Ducati ha investito molto sullo studio aerodinamico, sia in
termini di denaro che di sperimentazione, accumulando un know how invidiabile.
Quando sono apparse le prime alette, allo scetticismo iniziale degli
avversari è subentrata la frenetica
corsa per studiare e capire se e quali vantaggi potessero produrre quelle
curiose appendici. Naturalmente chi parte prima arriva anche prima e Ducati ha
sfruttato il vantaggio in pista. Fino alla fine del 2016 quando, per motivi di
sicurezza, sono state vietate le alette che sporgevano dalla carenatura. Storia
finita? Assolutamente si. Anzi no, perché con italico genio (e un pizzico di
spregiudicatezza) a Borgo Panigale hanno studiato una soluzione del tutto
inedita per ritrovare l’effetto aerodinamico perso. E dal momento che i
regolamenti imponevano un numero massimo di carene omologabili nell’arco della
stagione, per non scoprire (e far copiare) i disegni delle nuove alette, si è
volutamente ritardata la presentazione in pista della versione definitiva.
Curiosamente i giapponesi hanno sviluppato soluzioni simili tra loro che
prevedevano una specie di doppia carena laterale in cui inserire delle piccole
alette. Ducati ha invece proseguito, sulla scorta delle passate stagioni, sul
concetto di alette applicate intorno al cupolino, rastremando quest’ultimo e
montando delle alette che non sporgessero oltre la sagoma della carenatura
anteriore grazie a dei veri e propri deflettori laterali. Una soluzione simile,
ma meno estrema, è stata portata avanti anche da Aprilia. Qualcuno ha asserito
che Ducati ha disatteso lo spirito con cui era stata creata la regola delle
alette per il 2017. Qualcun altro ha mixato le soluzioni giapponesi e italiane
(come KTM) ispirando alcuni avversari del sol levante. Altri ancora hanno
semplicemente messo in dubbio la regolarità dell’aerodinamica Ducati. Ma il
risultato è che, senza che gli avversari avessero il tempo di studiare, copiare
e sviluppare soluzioni simili, la nuova carenatura è stata omologata e ha fatto
il suo debutto convincendo e vincendo sia i piloti che il cronometro. Per
concludere riportiamo alcune dichiarazioni del Direttore Generale di Ducati
Corse
Luigi Dall’Igna che sintetizzano perfettamente quanto appena descritto:
“…
i giapponesi ci hanno vietato le ali, ma non potevano impedirci di pensare.
Dicevano che erano pericolose, ma era una bugia. La verità è che andavamo più
forte e saremmo migliorati sempre di più. Noi italiani siamo più rapidi a
risolvere i problemi. Cento meccanici di Borgo Panigale contro migliaia di
cervelloni giapponesi. Ma noi abbiamo ingegno, inventiva e fantasia. Con la
nuova carena le prestazioni migliorano solo del 30-40% rispetto alla precedente
soluzione, ma sono bastati a far capire ai nostri avversari che devono
concentrarsi sull’aerodinamica, ma ci metteranno un po’ prima di capire quello
che noi abbiamo imparato”. E se questo non bastasse sembra che a Borgo Panigale
abbiano in serbo ancora un paio di “genialate” tutte made in Italy.
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