mercoledì 16 agosto 2017

Davide contro Golia

Dopo l’incredibile vittoria di Ducati (e di Dall’Igna) al Red Bull Ring le rosse cominciano a fare davvero paura.

La vittoria netta della Ducati (e di Dovizioso) sul circuito Austriaco segna uno spartiacque fondamentale per il prosieguo del campionato. Innanzitutto per i punti guadagnati che permettono ad Andrea di puntare con ancora più decisione al titolo quando mancano sette gare alla fine del campionato. In questo contesto il pilota italiano, che sta correndo la più bella e proficua stagione da quando è approdato nella classe regina, ha mostrato una maturità e una cattiveria del tutto inedite, soprattutto paragonando le sue performance agonistiche del 2017 con le annate precedenti.
Merito del pilota, indubbiamente, che ci crede (e il numero di vittorie, tre come Marquez e Vinales, è lì a dimostrarlo) ma anche del gran lavoro di squadra che ha permesso di “rimettere le ali” a una Ducati che qualcuno, forse per timore, voleva rallentare facendo vietare le appendici aerodinamiche. Ducati ha investito molto sullo studio aerodinamico, sia in termini di denaro che di sperimentazione, accumulando un know how invidiabile. Quando sono apparse le prime alette, allo scetticismo iniziale degli avversari  è subentrata la frenetica corsa per studiare e capire se e quali vantaggi potessero produrre quelle curiose appendici. Naturalmente chi parte prima arriva anche prima e Ducati ha sfruttato il vantaggio in pista. Fino alla fine del 2016 quando, per motivi di sicurezza, sono state vietate le alette che sporgevano dalla carenatura. Storia finita? Assolutamente si. Anzi no, perché con italico genio (e un pizzico di spregiudicatezza) a Borgo Panigale hanno studiato una soluzione del tutto inedita per ritrovare l’effetto aerodinamico perso. E dal momento che i regolamenti imponevano un numero massimo di carene omologabili nell’arco della stagione, per non scoprire (e far copiare) i disegni delle nuove alette, si è volutamente ritardata la presentazione in pista della versione definitiva. Curiosamente i giapponesi hanno sviluppato soluzioni simili tra loro che prevedevano una specie di doppia carena laterale in cui inserire delle piccole alette. Ducati ha invece proseguito, sulla scorta delle passate stagioni, sul concetto di alette applicate intorno al cupolino, rastremando quest’ultimo e montando delle alette che non sporgessero oltre la sagoma della carenatura anteriore grazie a dei veri e propri deflettori laterali. Una soluzione simile, ma meno estrema, è stata portata avanti anche da Aprilia. Qualcuno ha asserito che Ducati ha disatteso lo spirito con cui era stata creata la regola delle alette per il 2017. Qualcun altro ha mixato le soluzioni giapponesi e italiane (come KTM) ispirando alcuni avversari del sol levante. Altri ancora hanno semplicemente messo in dubbio la regolarità dell’aerodinamica Ducati. Ma il risultato è che, senza che gli avversari avessero il tempo di studiare, copiare e sviluppare soluzioni simili, la nuova carenatura è stata omologata e ha fatto il suo debutto convincendo e vincendo sia i piloti che il cronometro. Per concludere riportiamo alcune dichiarazioni del Direttore Generale di Ducati Corse Luigi Dall’Igna che sintetizzano perfettamente quanto appena descritto: “…i giapponesi ci hanno vietato le ali, ma non potevano impedirci di pensare. Dicevano che erano pericolose, ma era una bugia. La verità è che andavamo più forte e saremmo migliorati sempre di più. Noi italiani siamo più rapidi a risolvere i problemi. Cento meccanici di Borgo Panigale contro migliaia di cervelloni giapponesi. Ma noi abbiamo ingegno, inventiva e fantasia. Con la nuova carena le prestazioni migliorano solo del 30-40% rispetto alla precedente soluzione, ma sono bastati a far capire ai nostri avversari che devono concentrarsi sull’aerodinamica, ma ci metteranno un po’ prima di capire quello che noi abbiamo imparato”. E se questo non bastasse sembra che a Borgo Panigale abbiano in serbo ancora un paio di “genialate” tutte made in Italy. 




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