A
sette gare dalla fine facciamo il punto sui valori in campo dei costruttori e
dei piloti della MotoGP.
Con
sette gare da disputare e 175 punti da assegnare, il mondiale piloti della
MotoGP è un affare ancora tutto aperto sebbene realisticamente, per quanto
potenzialmente tutti i piloti presenti nella classifica potrebbero ambire al
titolo, la pragmaticità della statistica impone di circoscriverlo a Marquez
(174 punti), Dovizioso (158), Vinales (150), Rossi (141) e Pedrosa (139)
racchiusi in una forbice di 35 punti e unici riders ad aver vinto almeno un
gran premio in questa stagione.
Andando più a fondo, di questi cinque Dovizioso
è quello che, rispetto al 2016, ha guadagnato più punti (ben 79 con dati
aggiornati al Gran Premio d’Austria), seguito da Vinales (+50) e Pedrosa (+30);
di contro il capoclassifica Marquez ne ha persi 23 e Rossi 4. Sempre dati alla
mano se Yamaha e Honda, pur a pari punti (211), sono rispettivamente prima e
seconda nella classifica costruttori inseguite da Ducati a 24 lunghezze, solo
Marquez, Vinales e Dovizioso possono vantare tre successi cadauno in questa
stagione con Rossi e Pedrosa fermi a quota uno a testa. Inoltre il team Repsol Honda
è quello con il maggiore numero di podi con entrambi i piloti (14) contro i 9 della
squadra ufficiale Yamaha e i 4 del team Ducati Factory (che però paga lo scotto
d’avere in squadra un nuovo pilota, Lorenzo, che deve adattarsi alla guida della
GP17). In soldoni Dovizioso, dei cinque, oltre a essere quello che è caduto meno
(una sola volta) è anche quello che ha migliorato di più rispetto all’anno
passato, capitalizzando ogni occasione propizia al punto che, dati alla mano,
questa è la sua migliore stagione da quando è nella classe regina. Marquez, di
contro, ha pagato lo scotto di una Honda non perfettamente a punto nella prima
fase di campionato (in cui ha collezionato ben due ritiri). Rossi e Vinales
sono un’anomalia della statistica perché negli ultimi tre gran premi hanno
perso per strada parecchi punti principalmente a causa di problemi di set-up e
bilanciamento della M1 legati al telaio versione 2017 (di cui sono state
approntate due differenti versioni: la prima, usata ad inizio campionato,
gradita allo spagnolo e la seconda più congeniale all’italiano). Sembra però
che a prescindere dal tipo di telaio utilizzato, la Yamaha soffra di una
cronica perdita di performance da metà gara in poi dovuta all’impossibilità di
gestire la minore aderenza dopo il drop degli pneumatici. E qui entriamo nel
vivo della stagione 2017 il cui fil rouge è la capacità o meno, da parte di
tutte le squadre, di riuscire a gestire e sfruttare fino in fondo le coperture Michelin.
Da un lato Honda ha sofferto per l’introduzione della centralina unica che,
soprattutto nella prima parte del campionato, ha creato grossi problemi nella
gestione delle gomme usurate. Dall’altro lato Yamaha ha sfruttato un iniziale
vantaggio meccanico derivato dal nuovo telaio che garantiva, apparentemente,
una migliore gestione delle gomme, salvo poi doversi ricredere e vedere i
propri piloti ufficiali beffati da Zarcò e Folger sulle Yamaha clienti versione
2016 del team Tech3. La terza forza del mondiale, Ducati, ha lavorato in modo
forse più omogeneo amalgamando l’aspetto meccanico, aerodinamico ed elettronico
arrivando addirittura a firmare un contratto in esclusiva con una software house
italiana che ha sviluppato un programma che misura l’attrito tra pneumatico e
asfalto e grazie a cui è possibile predire e simulare il comportamento degli
pneumatici per valutarne le performance e definire setup e strategie per la
gara. A questo bisogna aggiungere il grande lavoro svolto nel settore
aerodinamico, dal costruttore italiano, per riguadagnare il vantaggio perso con
l’abolizione delle alette a fine 2016. Curiosamente Yamaha, Suzuki e Honda
hanno studiato soluzioni apparentemente simili mentre Ducati ha percorso una
strada ardita (e omologata) che sfrutta una serie di alette applicate dentro
una cornice/convogliatore nel cupolino. Qualcosa di simile, ma meno estremo, è
stato sviluppato da Aprilia (quarta forza nel mondiale costruttori davanti a
Suzuki e KTM) che grazie a Espargarò, nonostante quattro ritiri, sta ben
figurando nel mondiale avvicinandosi sempre più alle posizioni di testa. Delle
tre case giapponesi Suzuki è quella che al momento soffre maggiormente.
Mancanza di risultati (soprattutto paragonando la stagione in corso con il
2016) e piloti nuovi hanno obbligato la squadra a ripartire quasi da zero. Il
risultato è un 2017 sotto le aspettative e la necessità di sperimentare
componenti sia nei test che durante i week end di gara in previsione anche del
2018. KTM è la new entry della classe regina e non può essere valutata, sebbene
stia lavorando su tutte le aree (ciclistica, aerodinamica, motore ed
elettronica) per migliorare il pacchetto in vista dei prossimi anni in cui, ne
siamo certi, sarà della partita esattamente come accaduto in Moto3 e in Moto2. Infine
i team privati che contribuiscono ad aumentare il numero dei podi di Honda
(15), Yamaha (11) e Ducati (6). Tra tutti menzioniamo Zarcò del team Tech3 che,
alla sua prima stagione nella MotoGP, è considerato la rivelazione dell’anno
per la costanza con cui riesce a stare con piloti più navigati e titolati della
classe regina e per la capacità con cui è riuscito a tenere testa ai piloti
Yamaha ufficiali. Probabile che le sue prestazioni siano dettate anche dalla
volontà di ben figurare rischiando anche di cadere; ma va ricordato che spesso
ha lottato e vinto sfruttando strategie al limite dell’azzardo (che ha pagato)
e con una M1 clienti versione 2016 che sembra essere più bilanciata rispetto a
quella del team ufficiale. Infine Petrucci del team Pramac che per il 2017 si è
guadagnato una Ducati ufficiale e che rispetto alla stagione passata ha già
raccolto i medesimi punti in campionato; a parità di numero di gran premi (dato
aggiornato alla gara sul circuito del Red Bull Ring) ha accumulato 37 punti in
più ed è stabilmente nella top ten della classifica iridata. Con sette gran
premi dalla fine del campionato può puntare a confermare (e migliorare) quanto
fatto nel 2015 quando chiuse decimo con 115 punti e portando a casa un podio
(quest’anno sono già due).
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