Grafiche
dedicate su nove modelli per il 115esimo anniversario e otto nuove Softail;
escono dal listino V-Rod e Dyna (e i fans si dividono).
E’
inutile che aspettiate altri segnali chiarificatori: l’Harley-Davidson sta
cambiando. Per fortuna non si tratta di una mutazione genetica quanto piuttosto
di un’evoluzione darwiniana della specie in piena regola. Perché in parte per
le differenti esigenze del mercato e in parte perché i concorrenti non si sono
fermati a guardare ma sono andati avanti a suon di novità e innovazioni nel
settore custom (che è quello cui il costruttore americano è interessato), la
line up 2018 segna un netto distacco con quanto presente in listino fino a
oggi.
Nonostante il progetto Rushmore, che ha basato le modifiche della
famiglia Touring principalmente sulle opinioni e sui desideri dei clienti del
marchio, l’evidenza di un’età media degli acquirenti che andava crescendo ha
spinto l’Harley-Davidson a entrare con modelli inediti in nicchie di mercato
dedicate ai giovani. Perché se da un lato la Sportster era l’entry level per
eccellenza, soprattutto nei mercati emergenti (e in parte anche in Europa) era
necessario proporre qualcosa di ancora più sportivo e abbordabile. Lo step successivo
è stato quello di semplificare il listino eliminando quei modelli che non
rientravano più nella nuova strategia (V-Rod in primis) e migliorare le
prestazioni generali dei modelli senza snaturarne le caratteristiche salienti
(è emblematico il caso della Sportster Roadster). Con queste premesse l’evento americano
di fine agosto dedicato alla presentazione delle novità Harley-Davidson per il
2018 sarà ricordato, per tanti motivi, come uno spartiacque fondamentale nella
storia del costruttore americano. Innanzitutto per celebrare il 115esimo
anniversario dalla fondazione, per il 2018 sono state approntate grafiche in
edizione speciale e stemma dedicato alla ricorrenza, disponibili su nove
modelli che spazieranno dalla famiglia Sportster alle Trike. Contemporaneamente
sono stati presentati aggiornamenti per la famiglia Touring sia a livello
estetico che meccanico (comprese le performanti CVO). Ma l’attenzione degli
addetti ai lavori e dei fans è stata catalizzata, nel bene e nel male, dalla
rinnovata famiglia Softail divisa in otto modelli (Fat Boy, Heritage Classic,
Low Rider, Softail Slim, Deluxe, Breakout, Street Bob, Fat Bob) che apparentemente
segna la fine della famiglia Dyna uscita, come nomenclatura, dai listini. E
proprio questa prima novità ha diviso gli harleysti in due fazioni: chi
apprezza i nuovi modelli e chi invece ritiene che questo sia l’inizio della
fine. Per dovere di cronaca è bene citare almeno tre esempi similari: l’XLCR
1000 del ’77 (bistrattata alla sua presentazione perché considerata troppo
sportiva e rivalutata nel tempo al punto che oggi viene ricercata come una
santa reliquia), la Sportster XR1200 (considerata troppo sportiva per gli
harleysti classici e troppo Harley per gli sportivi, salvo diventare un modello
di culto dopo l’uscita dai listini) e l’introduzione del propulsore Evolution all’inizio
degli anni ’80 (i clienti gridarono allo scandalo salvo poi doversi ricredere e
apprezzarne la superiore affidabilità e le maggiori performance). Con lo stesso
spirito innovatore è stata rivista la famiglia Softail che adesso monta un
telaio rivisto profondamente e significativamente più rigido del 65%, leggero e
complessivamente semplificato (50% in meno di componenti e 20% in meno di
saldature). A questo sono accoppiate nuove sospensioni Showa con schema
Cantilever per il mono posteriore (nascosto sotto la sella e regolabile nel
precarico) e anteriore Dual Bending Valve (tecnologia che rende la forcella più
reattiva rispetto a quelle classiche) rivista rispetto a quanto già montato sulle
Touring dal 2017 e differenziata nelle regolazioni a seconda dei modelli su cui
sarà montata. Il retrotreno delle Softail è storicamente caratterizzato dal
design a “finto telaio rigido” che viene mantenuto anche sui nuovi modelli ma
con due novità: la prima è la presenza di due distinti forcelloni (entrambi più
leggeri del precedente) a seconda della larghezza del pneumatico e la seconda è
il disegno che ora prevede la sola capriata superiore. In sintesi ciclistica e
telaio sono stati rivisti per garantire più agilità e maneggevolezza, angoli di
piega più accentuati, una maggiore facilità a issare la moto quando si trova
sul cavalletto e superiore capacità di sfruttare al meglio le prestazioni offerte
dai propulsori. Quest’ultimi sono i nuovi Milwaukee-Eight 107 e 114 twin cam (il
secondo è dispnibile sui Fat Bob, Fat Boy, Breakout ed Heritage Classic) montati rigidamente sul
telaio e dotati di contralbero di bilanciamento per garantire le sensazioni e
il sound classici del bicilindrico a 45 gradi ma con ridotte vibrazioni.
L’intera famiglia Softail si caratterizza per i fari LED, la nuova strumentazione,
la semplificazione della regolazione delle sospensioni, la porta USB più
pratica, un alternatore più efficiente, l’avviamento key-less, l’antifurto
elettronico e i nuovi serbatoi. Quello che lascia maggiormente perplessi, e che
divide in due i fans, è non tanto il design generale dei modelli quanto
piuttosto alcuni particolari come il nuovo faro rettangolare montato sul Fat
Bob. Più in generale è evidente che Harley-Davidson ha fatto una scelta
coraggiosa dettata sia dall’incalzare della concorrenza (americana e non) sia
dalla necessità di rinnovarsi senza stravolgere comunque il proprio spirito
originario. C’è chi ha paragonato le nuove Softail alle custom giapponesi e chi
invece ha gridato allo scandalo per la fine (presunta) dei Dyna. Secondo noi,
invece, il costruttore americano ha centrato in pieno quanto desiderato dal
pubblico, perché ha migliorato (e reso più vivace ma sempre confortevole) la
ciclistica esattamente come facevano i proprietari quando modificavano le
sospensioni delle proprie motociclette perdendo però parte della comodità
originaria. Ha montato nuovi propulsori più grossi e performanti sulla scorta
di quanto veniva fatto dai propri clienti che equipaggiavano i big twin con
pistoni e cilindri maggiorati. Ha migliorato il comfort e la sicurezza con
nuove sospensioni e un’ergonomia rivista. Ha garantito maggiori performance pur
rispettando le nuove norme anti inquinamento, migliorando al contempo l’affidabilità
dei propulsori. In sintesi Harley-Davidson ha reso più sportive le versioni
Dyna migliorandone l’ergonomia ed ha vitaminizzato le versioni Softail, senza far
loro perdere la piacevolezza di guida in souplesse e il confort; in più il
listino è stato snellito e semplificato permettendo al cliente di poter
scegliere il mezzo più consono ai propri gusti ed esigenze senza dover
rinunciare del tutto al confort in favore delle prestazioni o viceversa. Giocoforza
questo tipo d’impostazione dei nuovi modelli ha diviso i vecchi e i nuovi (o
futuri) clienti che da un lato si trovano spiazzati per la quantità (e qualità)
delle novità introdotte che sono in parte assimilate come uno stacco netto
dalla tradizione del costruttore americano (errore!) e dall’altra scoprono una
vivacità progettuale che rende ancora più friendly (se ve ne fosse bisogno) i
nuovi modelli. Ciononostante le necessità legate alle norme anti inquinamento e
la volontà di proporre mezzi all’altezza (se non addirittura migliori) di
quanto offerto dalla concorrenza ha prodotto quelle che a nostro avviso possono
essere considerate le migliori Harley-Davidson di sempre…fino ad oggi. E per i
nostalgici del caro vecchio twin raffreddato ad aria, che marchiava il
territorio con piccole gocce d’olio e beveva avidamente benzina dai meccanici
carburatori, basterà volgere lo sguardo verso il mercato dell’usato; magari
affiancando il vecchio e il nuovo sotto lo stesso tetto per scoprire che, in
fondo, lo spirito non è mutato.
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