Un
uomo solo progetta e costruisce negli anni ’70 la prima, incredibile e misteriosa
auto da corsa della Kawasaki.
Nata
nel 1896 la Kawasaki Heavy Industries Ltd. è un vasto conglomerato industriale
giapponese con una vasta gamma di prodotti che spaziano dalle costruzioni
aerospaziali e ferroviarie alle navi, passando
per ATV, moto d’acqua e motociclette. E sebbene ultimamente sia
conosciuta soprattutto per le sue vittoriose due ruote (che stanno dominando i
campionati Superbike e Supersport), un annuncio apparso recentemente su Ebay ha
attirato la nostra attenzione.
Oggetto dell’inserzione è una vettura in pieno
stile Can-Am (la famosa Canadian-American Challenge Cup, gara molto popolare negli
anni ’70) motorizzata all’epoca con un bicilindrico Kawasaki a due tempi di 440
centimetri cubici. Ma facciamo un passo indietro. Negli anni ’60 la Kawasaki si
sta organizzando per “invadere” l’America con le sue piccole motociclette. A
questo scopo viene creato un ristretto gruppo che dovrà sondare il mercato e
suggerire alla casa madre i modelli che avranno potenzialmente successo. Del
gruppo fanno parte Darrel Krause che appronta una strategia di marketing molto
efficace basata sulla partecipazione ai record di velocità a Bonneville del ’67
con le piccole 250 a due tempi, sulla gestione dei primi team da corsa che
stavano nascendo in America e sulla creazione di una divisione motori a
Minneapolis. Quest’ultima, a partire dal ’70, comincia a costruire propulsori
per le motoslitte che si decise di montare anche su automobili da corsa. E così
nel ’72 viene assunto il pilota e costruttore Harvey Aschenbrenner con il
compito di creare una sorta di mini Can-Am sfruttando il propulsore a due tempi
delle motoslitte. Come nelle più classiche storie, Harvey butta giù uno schizzo
di massima su un foglio, ne calcola le misure e fa produrre il primo prototipo.
Il telaio è un monoscocca d’alluminio con profili quadrati (imposti più che
scelti da Harvey che preferiva i classici tubi tondi) con carrozzeria in
vetroresina; un artigiano costruisce alcuni elementi della ciclistica mentre
per il piantone dello sterzo viene utilizzato…un palo della recinzione! Al
bicilindrico è adattato un cambio motociclistico e sono necessari diversi
calcoli per definire il migliore rapporto finale dal momento che, in origine,
la trasmissione nasceva per un propulsore a quattro tempi con ruote alte mentre
ora è accoppiato a un bicilindrico a due tempi da corsa (quindi con erogazione
ottimale ad alti regimi) e a cerchi molto più piccoli da 13 pollici. Poche
settimane dopo il prototipo scende in pista per i primi test con risultati…disastrosi!
Dopo poche tornate l’auto è già uscita di strada a causa di problemi meccanici.
Per il secondo test viene impiegata una nuova trasmissione che non risolve del
tutto i problemi ma che permette al team di girare sull’ovale in 14,56 secondi;
e considerando che il record della pista era di 14,54 potevano ritenersi più
che soddisfatti! Tornati in fabbrica viene montato un nuovo convertitore di
coppia per risolvere definitivamente i problemi alla trasmissione, in vista di
una dimostrazione a Laguna Seca qualche settimana dopo. Con poco tempo per
organizzare la trasferta e ancor meno per mettere a punto la meccanica, il test
è l’ennesimo disastro. Il motore funziona male e dopo pochi giri si ammutolisce
del tutto. Ciononostante le foto della Kawasaki in azione in pista generarono
molta curiosità e interesse al punto che a Minneapolis cominciano a ricevere
parecchie chiamate di appassionati e piloti. Per questo motivo viene trovato un
partner che avrebbe costruito le auto mentre in Kawasaki si sarebbero occupati
della meccanica. Harvey si sposta per quasi due mesi in Florida per dedicarsi
alla messa a punto del motore, ma al suo ritorno scopre che il partner non ha
assemblato nemmeno un’auto. A questo punto il progetto si arena perché Kawasaki
comincia a dedicarsi ad altro e Harvey viene chiamato da Krause per rimanere in
California. La piccola Can-Am viene praticamente dimenticata (salvo essere
saltuariamente “resuscitata” con poco entusiasmo dal famoso ex-partner). Del
prototipo si perdono le tracce fino a oggi quando riappare in rete. O per
meglio dire quando rispuntano la carrozzeria e pochi altri elementi. E già
perché del telaio e del propulsore non vi è traccia. Ciononostante rimane la
storia, interessante e quasi poetica, di un uomo che ha sognato di costruire
una vettura da corsa motorizzata con un propulsore a due tempi Kawasaki (nato
per le motoslitte)… il tutto in una piccola factory e con mezzi limitati.
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