STORIA DEL MOTOCICLISMO
Quanto conoscete della storia della Harley-Davidson? Sapete che nella
metà degli anni ’90 la casa americana costruì una motocicletta completamente
inedita, con motore raffreddato a liquido, telaio in alluminio e ruote da 17
pollici per correre nel campionato Superbike AMA? Praticamente da quando esiste
l’Harley e fino al 1993 ogni corridore che usava moto della casa americana
doveva modificare le versioni stock; dal 1994 con la VR 1000 nasceva la prima
motocicletta da corsa costruita appositamente da zero per le competizioni in
circuito. All’inizio della sua storia la casa americana non si era cimentata
nelle competizioni fino a quando si convinsero della necessità di
sperimentare i loro mezzi in pista
esattamente come faceva il loro avversario: la Indian. Nel tempo la casa si
impegnò prevalentemente nelle corse su ovali di terra battuta fino al 1988
quando decise di costruire una motocicletta sportiva con componentistica
unicamente americana. Il progetto era ambizioso, furono investiti parecchi
soldi e creato un team di ingegneri apposito per sviluppare ciclistica e
propulsore; Steve Scheibe che guidava il team, chiamò in aiuto esperti delle
competizioni Nascar ed Indy Car Racing. Il progetto richiese cinque anni di
sviluppi e produsse un propulsore bicilindrico di 60 gradi con doppio asse a
camme in testa e quattro valvole per
cilindro, iniezione elettronica Weber, raffreddamento a liquido frizione a
secco multi disco, cambio a 5 rapporti e trasmissione finale a catena. Il
telaio era stato progettato seguendo i dettami allora in voga con due travi in
alluminio che abbracciavano il motore, forcella rovesciata Penske, pinze dei
freni a sei pistoncini Wilwood, carenatura realizzata in fibra di carbonio ed
un peso di 170 chili per 150 cavalli. La prima apparizione in pista avvenne
nella gara Superbike di Daytona del 1994 con il pilota Miguel Duhamel.
Purtroppo la moto dimostrò subito una grave carenza di velocità massima oltre
che una precaria affidabilità del motore; ciononostante l’attività proseguì
fino al 1995 tra alti e bassi. Nel frattempo il management dell’Harley-Davidson
cominciava a mostrare segni di divisioni circa il progetto VR tra chi
continuava ad appoggiarlo nonostante i risultati e chi invece lo riteneva poco
utile se non addirittura una perdita di tempo e risorse. Il problema maggiore
fu il ritardo nello scendere in pista; dal momento che il campionato AMA
Superbike prevedeva due classi (quattro cilindri di 750 centimetri cubici e
bicilindrici di mille) se nel 1991 i 150 cavalli potevano essere più che
sufficienti per correre contro le Ducati 851, nel 1994 e soprattutto nel 1995
il progetto risultava già evidentemente in affanno sui competitors.
Ciononostante Harley-Davidson investì molti soldi per ingaggiare, nel tempo,
piloti famosi e performanti come Miguel Duhamel, Pascal Picotte, Chris Carr, e
Scott Russell. Con il passare delle stagioni e grazie anche allo sviluppo
portato avanti dal team ufficiale, la VR 1000 fece segnare discreti
miglioramenti (in un paio d’occasioni sfiorò anche la vittoria e segnò parecchi
giri veloci). Di fatto il progetto visse dal 1988 al 2001 senza conseguire
risultati degni di nota sebbene verso la fine dello sviluppo furono utilizzati
componenti stranieri (e più performanti) per migliorare non tanto il propulsore
quanto la ciclistica. Come da regolamento furono prodotti 50 esemplari stradali
con targa, fanali, frecce e specchietti che montavano una forcella Öhlins con
steli rivestiti in titanio ed un prezzo prossimo ai 50.000 dollari; molti di
essi furono dipinti con i colori ufficiali Harley da corsa (lato sinistro nero,
lato destro arancione ed una banda bianca centrale divisoria). Rispetto alla
versione da corsa la VR stradale pesava 176,9 chili ed erogava 136 cavalli e fu
omologata in…Europa!Infatti date le restrittive norme sulle emissioni
inquinanti americane la VR con targa e fanali fu omologata in Polonia dal
momento che il regolamento AMA non specificava che il paese dove veniva
presentata la fiche d’omologazione dovesse trovarsi sul suolo americano. Chiusa
la parentesi sportiva su piste asfaltate sia per problemi di budget che per
dissidi interni nel management americano (e, soprattutto, per la mancanza di
risultati incoraggianti) del progetto VR rimangono 50 esemplari stradali ed un
know how che oggi ritroviamo nelle V-rod il cui motore assomiglia
incredibilmente al bicilindrico 1000 dell’ultima Harley-Davidson da superbike.
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