HARLEY-DAVIDSON XLCR 1000
STORIA DEL MOTOCICLISMO
Quest’anno l’Harley ha inserito in listino una motocicletta
che ha fatto storcere il naso a molti clienti: la Street 750 e 500 (in Italia
sarà venduta solo la prima). Inoltre ha reso noto che sta testando in America,
una motocicletta completamente elettrica. Personalmente adoro
l’Harley-Davidson; mi piace sia il suo tradizionalismo che la sua capacità d’innovarsi.
Inoltre col tempo ho imparato che non tutto ciò che sembra uscire dai canoni
classici della marca è da ritenersi “non Harley”; un esempio classico è la XLCR
1000 della seconda metà degli anni settanta. Nel 1969 una grave crisi
finanziaria portò alla vendita, da parte degli eredi dei fondatori (Davidson) a
favore della American Machine and Foundry (compagnia metallurgica) dando vita
alla AMF-Harley-Davidson. La AMF continuò la produzione riducendo la forza lavoro
ed i costi di produzione a scapito della qualità e degli investimenti: le
vendite diminuirono ulteriormente e la compagnia rischiò seriamente la
bancarotta. Ciononostante, grazie anche all’Aermacchi di proprietà
dell’Harley-Davidson, il marchio americano si aggiudicò i campionati del mondo
di velocità su pista (quattro titoli piloti e due titoli costruttori nelle
classi 250 e 350) ’74. ’75 e ’76 con Walter Villa. Nel frattempo le
motociclette giapponesi invadevano i mercati del vecchio e del nuovo mondo
presentando modelli avveniristici a quattro cilindri, con freni a disco e
velocità, per l’epoca, siderali. E’ in questo contesto che nel ’76 Willie G
Davidson, nipote del fondatore William A. Davidson ed all’epoca Vice President
del reparto Styling, decise di creare una cafè racer che unisse la linea delle
sportive dell’epoca con un motore V-twin e che fosse in grado di contrastare le
moto del sol levante. Nasceva così la XLCR 1000 (dove XL indicava l’appartenenza alla
famiglia Sportster e CR l’acronimo di cafè racer) una motocicletta snella e
filante con un design tipicamente europeo. Una caratteristica fondamentale
della XLCR 1000 era la finitura nera con cui venne commercializzata a partire
dal 1977, che ricopriva praticamente ogni parte della moto sfruttando le
diverse sfumature del colore ora lucido ora opaco o raggrinzente. Per la
motorizzazione fu scelto il bicilindrico Sportster Ironhead in ghisa a valvole
in testa di 997 centimetri cubici, alimentato da un carburatore Keihin da 38 millimetri,
accoppiato ad un cambio rovesciato (con la prima in alto) a quattro rapporti e
trasmissione finale a catena. Con un rapporto di compressione di 9 ad 1
riusciva ad erogare circa 68 cavalli a
6.200 giri al minuto, raggiungeva una velocità massima di 180 chilometri orari, aveva
un’accelerazione sui 400 metri (o quarto di miglio se volete) di poco superiore
ai 13 secondi e possedeva una coppia (il cui dato è sempre stato mantenuto
segreto dall’Harley) in grado di trainare un tir. Il telaio era derivato dall’unità
utilizzata sulla XR750 modificata nella parte posteriore per poter sorreggere
il maggior peso del codino con relativo porta targa. Cerchi in lega a sette razze neri
satinati Morris, pneumatici Goodyear A/T da 3.75×19 davanti e 4.25×18 dietro e
freni da 254 millimetri (doppio disco davanti e singolo dietro con pinze a
pistoncino singolo…con poco mordente sull’asciutto ed inefficaci sul bagnato!).
Classiche le sospensioni con forcella telescopica davanti e doppio
ammortizzatore Showa dietro (ma con escursione maggiorata). Le novità maggiori
erano le sovrastrutture in fibra di vetro in nero lucido (la piccola carenatura
con vetro fumè, codino alto con sella monoposto e serbatoio sportivo in metallo
con svasature per le ginocchia, fregio in rilievo dorato e capacità di 12,5
litri…o 4 galloni!), il quadro strumenti dotato di due indicatori tondi
(tachimetro con spie e contagiri) e l’avviamento elettrico. In generale la
posizione di guida era più caricata sull’anteriore per via del manubrio in un
solo pezzo più basso e della sella alta rispetto agli altri modelli della serie
Sportster; infine il peso davvero basso per un’Harley (220 chili) e le
dimensioni ridotte grazie anche al serbatoio stretto ed affusolato. Nel primo
anno furono vendute 1923 XLCR 1000; nel 1978 gli esemplari commercializzati
furono 1201 e contemporaneamente vennero introdotte la sella biposto optional e
sostituiti i cerchi (sempre Morris) con elementi a nove razze; infine
nell’ultimo anno di produzione furono piazzate solo 9 moto. In totale, quindi, nei
tre anni di commercializzazione sono stati venduti 3133 esemplari e nonostante
non sia stato un modello di successo oggi è tra i più ricercati tra le moto
della casa americana. Esoterica ed anticonformista è il modello sportivo con
cui ancora oggi tutti i modelli Harley ad elevate prestazioni si devono
confrontare. Un motore viscerale con il minimo a 900 giri, un borbottio basso e
baritonale, un modo di concepire la sportività differente rispetto alle
giapponesi sue contemporanee eppure così evidente fin dall’accensione quando il
rombo e lo scuotimento del bicilindrico a V di 45 gradi prende vita. Svilita
dagli arlisti alla sua uscita oggi è considerata il santo graal delle moto del
marchi americano, con buona pace di chi, a suo tempo, non la considerava
un’Harley.
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