LA
REGINA
Per concludere degnamente questa settimana affrontata
tutta di traverso non potevo non dedicare un pezzo alla regina del dirt, la
motocicletta più vittoriosa di tutti i tempi nel campionato AMA, la moto da
corsa di maggior successo: l’Harley-Davidson XR 750. Realizzata
dalla casa americana a partire dal 1970 (sia per le corse su terra battuta che
per le gare su asfalto nella versione XRTT), è stata progettata per far fronte
ai cambiamenti regolamentari del 1969 che volevano livellare le prestazioni
della XR per permettere l’ingresso di nuovi costruttori e nuove motociclette (in
primis i giapponesi della Honda con la NS 750). E nonostante il nuovo progetto
soppiantasse l’iconica e vittoriosa KR, l’XR risultò altrettanto performante. Piloti
del calibro di Mark Brelsford, Cal Rayborn , e Jay Springsteen hanno guidato la XR; lo stesso stuntman Evel Knievel ne utilizzava una per i suoi show. Nel 1998 una XR750 è stata esposta presso il”museo
dell’arte della motocicletta” americano. Tutto ebbe inizio quando i regolamenti
emanati nel 1954 permisero l’utilizzo di motori a valvole laterali fino a 750 centimetri cubici e
fino a 500 per quelli con valvole in testa 8oltre alla produzione di almeno 200
esemplari). La formula e lo sviluppo furono a favore delle KR 750 di Milwaukee
e Norton, BSA e Triumph spingevano per un cambio dei regolamenti. E così dal
1969 tutte le motociclette impegnate nel campionato avrebbero avuto una
cilindrata totale di 750 centimetri cubici senza distinguo tra valvole laterali
od intesta. Giocoforza le KR furono estromesse dalla competizione ed in
Harley-Davidson, seppure con poco tempo a disposizione ed un budget limitato, cominciarono
a pianificare il nuovo modello che avrebbe montato nuove testate e non solo. Il
nuovo propulsore, pur mantenendo un design legato ai suoi vittoriosi predecessori,
montava cilindri e testate in alluminio con valvole in testa ed un cambio a
quattro rapporti; sostanzialmente si basava sul motore montato sulle Sportster
modificato nelle teste e nei cilindri, con un magnete al posto del generatore
ed un nuovo circuito per migliorare la lubrificazione e per poter correre sugli
ovali americani. Nel 1972, a seguito dei ripetuti problemi di surriscaldamento
delle testate, fu modificata la lega d’alluminio con cui erano fatte; la
ciclistica fu affinata (forcella Ceriani, ammortizzatori Girling, ruote in alluminio
a raggi da 19 pollici) e le sovrastrutture furono realizzate in fibra di vetro.
Esattamente come i motori di serie, il basamento delle XR era diviso per tuta
la sua lunghezza; la V tra i cilindri era di 45 gradi, il cambio a quattro
rapporti era montato in blocco ma a differenza dei motori stock gli alberi a
camme erano quattro (nelle unità di serie era uno solo per meri motivi
economici, di silenziosità e semplicità meccanica). Ciò permise di incrementare
le prestazioni e di ottenere maggiori curve d’erogazione tra cui scegliere
(potendo modificare a piacimento e con più facilità le fasature d’aspirazione e
scarico). Caratterizzata dai doppi scarichi sul lato sinistro (uno per cilindro
ed entrambi con uscita sul lato anteriore delle testate) e dalla batteria dei
due carburatori Mikuni da 36 millimetri su quello destro, come da prassi non
montava alcun freno anteriore ed era priva di qualsivoglia accessorio per la libera
circolazione su strada. Il motore sprigionava circa 82 cavalli e poteva
lanciare i 134 chili della XR ad oltre 185 chilometri orari (per essere precisi
115 miglia orarie).Come accadde per la KR, anche della XR i clienti chiesero
una versione stradale. Purtroppo l’Harley-Davidson comprese male ed in ritardo
la domanda del mercato e solo tredici anni dopo introdusse la Sportster XR 1000
ispirata alla 750 di cui montava le testate sul motore stock sporty, ma con un
costo pressoché doppio rispetto vi montavano le testate, i carburatori e gli
scarichi della XR. La produzione fu interrotta dopo solo due anni e dobbiamo
arrivare al 2008 per ritrovare nei listini Harley la sigla XR con la 1200
(creata per l’Europa e venduta anche in America un anno dopo). Poco prima che l’Harley-Davidson
reintroducesse la XR sul mercato un importatore del marchio americano, un
italiano, Carlo Talamo, creò una versione moderna delle famosissime XR
dedicando a loro (ed agli acquirenti affezionati) un campionato apposito. Oggi
quelle bicilindriche create dalla Numero Uno sono ricercatissime quanto le XR
originali. L’unico suggerimento che mi sento di offrire da appassionato, è
quello di sfruttare le migliorie tecniche della nuova serie Sportster
(iniezione, motore montato elasticamente, propulsore più affidabile e longevo)
e prendendo spunto dal passato, creare voi la vostra nuova e personalissima
Harley da dirt track…sia che la vogliate portare in pista, sia che la usiate
per divertirvi su strada con gli amici.
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