giovedì 18 gennaio 2018

Pronostici da bar MotoGP 2018

Come sarà la MotoGP nel 2018? Cosa accadrà? Chi sono i favoriti? Ne discutiamo qui, tra un caffè e un cornetto.

Capita di trovarsi con gli amici al bar e di parlare, tra un caffè e un cornetto, di cosa ci si aspetta dalla MotoGP 2018, chi potrebbero essere i possibili aspiranti al titolo, chi potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa e chi un’amara delusione. Si tratta di mere speculazioni da italiano medio o, se volete, di FantaMotoGP, che però spesso nasconde un fondo di verità.

Andrea da mondiale. Il primo nome che salta subito fuori è quello di Dovizioso. Nel 2017 l’italiano ha mostrato grinta e velocità da campione consumato come non era mai accaduto. Prima di dare un morso al cornetto ci chiediamo se sia stato più merito suo o della Ducati ma alla fine della colazione siamo tutti convinti che a risultare vincente sia stato il binomio. Secondo noi nel 2018 Andrea riconfermerà le ottime prestazioni della passata stagione sia perché mentalmente ha fatto un salto di qualità notevole, sia perché Ducati ha lavorato evolvendo una moto già ottima (e le sei vittorie del 2017 ne sono una prova concreta). Certo c’è il problema del rinnovo del contratto (e delle sirene della Honda ufficiale che risuonano da tempo) ma se tutto andrà come deve, Andrea e Ducati potrebbero fare coppia fissa per un altro biennio.

Marquez il ricercato. Il secondo nome è quello di Marc Marquez innanzitutto perché è l’attuale campione del mondo (e chi vince, si sa, ha sempre ragione) e poi perché intorno a lui si sono scatenati rumors di tutti i tipi che lo vorrebbero in KTM, in Ducati o addirittura in Suzuki nel 2019. Lo spagnolo è l’uomo mercato per eccellenza perché con il contratto in scadenza nel 2018 e con ben quattro titoli in cinque anni di MotoGP è il pilota più ricercato da tutti i top team. Honda farà di tutto per tenerlo ma la possibilità di poter vincere un mondiale con un'altra marca (come pochi altri campioni hanno fatto prima di lui) potrebbe portare Marquez verso altre squadre. Ma prima c’è da battere un altro record: cinque titoli nella classe regina, esattamente come fatto dal suo avversario storico Valentino Rossi.

Rossi l’highlander. Il terzo nome che esce a furor di popolo è quello di Valentino Rossi. Nel 2018 il campione di Tavullia inizierà il suo ventiduesimo anno d’attività nel motomondiale, ed escludendo alcune parentesi poco fortunate è sempre stato un top rider. Alla soglia dei 39 anni (li compirà a febbraio) Rossi punta a quel decimo titolo sfiorato tante volte ma perso per varie ragioni negli ultimi cinque anni; e per riuscirci gli serve una Yamaha che funzioni e che vada come piace a lui. Nel frattempo se ne frega di un Zarcò che pressa per rubargli il sellino, di un compagno di squadra veloce e a tratti scomodo come Vinales e degli altri piloti che spingono per arrivargli davanti: il suo obiettivo non è la singola gara ma il titolo! Rossi è Rossi e l’errore più grande che si possa fare è considerarlo finito, bollito o troppo avanti con gli anni rispetto alla muta di giovani piloti che, nonostante l’età, lo considerano giustamente ancora un riferimento della categoria.

Lorenzo e Vinales i rimandati. I due spagnoli sono stati nominati assieme per un motivo molto semplice: per motivi differenti, nel 2017 entrambi hanno deluso, ma da loro ci si aspetta un 2018 ben diverso perché hanno la stoffa dei campioni. Vinales ha iniziato bene la stagione per poi perdersi tra telai, gomme, motori, assetti, alette aerodinamiche e chi più ne ha più ne metta. Lorenzo è in parte più giustificato perché da quando è arrivato in MotoGP ha corso unicamente con la Yamaha, motivo per cui saltare in sella a una moto molto diversa come la Ducati richiede necessariamente un periodo di affiatamento. Anche nel suo caso qualche bell’exploit nel 2017, ma il più delle volte ha deluso. Il 2018 sarà per entrambi la prova d’appello: o dentro o fuori, o si vince o si fa mea culpa e se ne pagano le conseguenze.

Iannone l’affamato di vittorie. L’italiano aveva infiammato i cuori in sella alla Ducati. Veloce, sanguigno, spesso sopra le righe (bianche) per tagliare le curve. Ha fatto un frontale con un gabbiano a Phillip Island e ha fatto (tanti) incidenti con colleghi spesso incolpevoli. Arrivato in Suzuki doveva fare fuoco e fiamme e invece…si è spento come un candelotto di dinamite bagnato. Si dice che abbia pagato una scelta sbagliata a inizio anno durante le fasi di collaudo e sviluppo del motore. Ma questa scusa non può bastare ne a lui e neppure alla Suzuki. C’è di buono che i poco brillanti risultati nel 2017 hanno permesso al costruttore giapponese di usufruire di alcune concessioni regolamentari per quanto riguarda numero di motori e sviluppi durante la stagione. Questo e la fame di vittoria dovrebbero ridare forza e vigore a pilota e squadra.

Morbidelli, Miller e Zarcò le belle sorprese. L’italiano approda nella classe regina da campione del mondo della Moto2 e, secondo i pronostici, dei quattro debuttanti della MotoGP dovrebbe risultare a fine anno il migliore. Velocità e metodo di lavoro non gli mancano ma il vero punto interrogativo è il team. Miller, dei tre, è la vera incognita. Pilota forte e sanguigno che non le manda a dire, salta dalla Honda (con cui ha corso per tre anni migliorando a ogni stagione la propria posizione finale in classifica) alla Ducati del team Pramac. Guiderà la GP17, quella con cui Dovizioso ha fatto grandi cose nella passata stagione e su cui Lorenzo ha faticato a trovare il feeling. Di Miller ricordiamo la surreale prestazione nell’ultimo Gran Premio di Valencia di Moto3 nel 2014 quando si giocò il titolo con Alex Marquez. Non solo doveva arrivare davanti allo spagnolo ma doveva anche sperare che Marquez non facesse troppi punti. Per questo motivo iniziò a superarlo per poi rallentare e costringerlo all’errore. C’è da dire che durante l’anno lo spagnolo aveva effettuato qualche manovra al limite del regolamento proprio ai danni dell’australiano che provò a rendergli il favore. In definitiva ci piace pensare che Miller sulla rossa, possa essere un po’ il nuovo Stoner. Infine Zarcò, rivelazione della passata stagione, affamato di moto ufficiale al punto da pressare un certo signor Rossi in sella alla M1 e voglioso di giocarsi il mondiale con i big. Se Yamaha non gli fornirà il giusto supporto tecnico potrebbe lasciarsi ammaliare dalla KTM che sul francese ha messo gli occhi già dall’anno scorso.
Pedrosa cosa farà da grande? Dani sta per iniziare la sua tredicesima stagione in MotoGP in sella alla Honda ufficiale. A oggi non ha vinto il titolo per varie ragioni mentre i suoi compagni di team Rossi, Hayden, Stoner e Marquez lo facevano. Se riesce a settare la moto come piace a lui non ce n’è per nessuno; in caso contrario naviga nel gruppo degli inseguitori che non si giocano neppure il podio. A seconda dei risultati nel 2018 potrebbe decidere di cambiare casacca e salutare l’HRC con cui ha condiviso praticamente tutta la sua carriera di pilota.

Petrucci il costante. L’italiano è una certezza e i quattro podi del 2017 sono lì a dimostrarlo. Ma serve una vittoria altrimenti potrebbe anche decidere di accasarsi in un’altra squadra (magari un team ufficiale) per puntare al colpaccio in campionato.


Gli altri piloti, ovvero i comprimari. Nel 2018 lo schieramento della MotoGP conterà ben 24 piloti ma di questi solo cinque o sei si giocheranno il mondiale. Gli altri lotteranno per un posto in paradiso che vuol dire punti buoni per i team e riconferma (o meno) in base alla posizione in classifica a fine anno. E’ brutto da dirsi ma sono i comprimari che, con rare eccezioni, puntano ai posti subito dietro il podio.  









      

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