giovedì 24 agosto 2017

La crisi della Superbike

Dopo un mese di pausa, ricomincia la Superbike con i problemi di sempre.

Dopo la pausa estiva, la Superbike ha riacceso i propri motori per affrontare di slancio l’ultimo sprint del campionato. Purtroppo la pur splendida prestazione di Davies sul circuito del Lausitzring non ha mitigato in alcun modo i problemi congeniti di cui la categoria soffre oramai da diversi anni e che sono emersi prepotentemente a causa (o per fortuna) della contemporaneità con il BSB, il campionato inglese dedicato alle derivate di serie.
Se da un lato la noia delle gare del sabato e della domenica hanno sortito un effetto soporifero, dall’altra l’incertezza di un trenino formato da ben dieci piloti racchiusi in una manciata di secondi e in lotta per la vittoria ha tenuto desta l’attenzione e la foga agonistica dei fans anglosassoni (e non solo). Eppure si tratta sempre di moto di serie…o forse no? Volendo semplificare molto, la differenza maggiore tra le due categorie è principalmente legata all’utilizzo dell’elettronica, necessaria per gestire l’esuberante cavalleria delle odierne supersportive. Se in Superbike, pur con i limiti imposti dal regolamento, è consentito sviluppare software dedicati, nel BSB semplicemente è…vietato! Niente mappe dedicate e scritte per singoli circuiti; niente strategie conservative per allungare la vita dei propulsori o per garantire la gestibilità del surplus di potenza in una curva piuttosto che in un’altra. La moto deve sfruttare quel che viene venduto di serie e fine dei giochi. Va da se che quest’approccio non solo riduce i costi (fattore non di poco conto) ma livella anche le prestazioni permettendo ai piloti più capaci d’emergere nel gruppo. E, naturalmente, è ben altra cosa rispetto alla paventata (e ancora non introdotta) regola della centralina unica che, di fatto, butterebbe alle ortiche anni di lavoro e affinamento dell’elettronica con la meccanica dei singoli modelli. Altro elemento contestao fin dalla sua introduzione è la famosa inversione della griglia tra gara uno e gara due. L’idea (giusta) era quella di dare una possibilità di ben figurare (e agli sponsor d’essere visibili) anche a quei piloti da metà schieramento. In realtà il risultato è stato ben diverso perché se da un lato in pochi giri i tre piloti d’alta classifica (Davies, Rea e Sykes) si liberavano dei rivali che si trovavano davanti pur essendo più lenti, dall’altra questi ultimi diventavano inconsapevoli aghi della bilancia mondiale nel momento in cui, per difendere la posizione (artificialmente conquistata), rintuzzavano gli attacchi agevolando involontariamente ora l’uno ora l’altro contendente al titolo. Dati alla mano sono solo quattro i piloti che hanno vinto almeno una gara nel 2017 (aggiornato alla gara del Lausitzring): Rea, Davies, Sykes e Melandri…praticamente gli stessi dell’anno passato con la sola novità del pilota italiano rientrato nel campionato proprio quest’anno! Andando avanti continua a lasciare perplessi sia i fans che alcuni addetti ai lavori lo spostamento di gara uno al sabato. La regola, introdotta per incentivare gli ascolti e le presenze in circuito anche nel giorno dedicato storicamente alle qualifiche, ha di fatto prodotto un effetto smorzante tra le due manches con il risultato di un drastico calo d’interesse da parte dello spettatore tra le gare del sabato e della domenica. Alla luce di quanto descritto alcuni suggeriscono di tornare alle origini…si ma quali di preciso? Quelle di Fred Merkel e del team Rumi che con una Honda RC 30 privata (che montava il kit ufficiale) vinceva i primi due titoli Superbike sconfiggendo anche i team Honda ufficiali? O quelle più recenti (2002) in cui Edwards e Bayliss se le davano di santa ragione nelle staccate di Imola per giocarsi il titolo all’ultima gara di campionato? Difficile dirlo così su due piedi perché da un lato c’è la poesia della vittoria del team privato su quello ufficiale e dall’altro la lotta titanica tra due grandi costruttori che stillano ogni cavallo vapore disponibile e limano l’ultimo grammo di peso per battere l’avversario. In questo contesto ci colpisce positivamente l’idea di Honda di proporre ai propri clienti sportivi (cioè quelli che comprano la moto per correre nei vari campionati nazionali e/o mondiali) una CBR 1000 RR Fireblade a un prezzo più basso rispetto alla corrispettiva omologata per uso stradale, perché priva di alcuni elementi non necessari per le competizioni in pista (fari, porta targa, specchietti, carenature dipinte eccetera) e con alcuni componenti meno pregiati che verranno sostituiti subito con altri dedicati alle gare (in primis le sospensioni). Ecco la prima idea sensata per abbattere i costi: proporre i modelli di serie già privi degli elementi non necessari per correre in pista. Altro elemento fondamentale per poter parlare di campionato delle derivate di serie dovrebbe essere la stretta parentela del modello da gara con quello omologato per la libera circolazione. Quindi elettronica di serie e libertà d’intervento su alcuni componenti della ciclistica plafonando il budget (che dovrà essere rendicontato con tanto di fatture…per evitare la vendita di pezzi rubati). In sintesi sarebbe bello se a fare la differenza fosse la capacità del pilota di sfruttare le caratteristiche della motocicletta come ad esempio la coppia taurina del bicilindrico piuttosto che il poderoso allungo del quattro e perchè no, la via di mezzo di un tricilindrico inglese. Per quanto riguarda il week end di gare sarebbe più coerente ripristinare sia la griglia di partenza definita dalla superpole (chi va più veloce deve avere un vantaggio altrimenti non ha granchè senso rischiare in qualifica) sia la doppia manche in una sola giornata per garantire la continuità agonistica e sportiva per piloti e fans; in questo contesto sarebbe interessante reintrodurre il muletto ai box e garantire punti anche per chi fa segnare la pole position. Un altro aspetto che riteniamo fondamentale è la condizione pressochè unica di un solo gestore (la Dorna) per due diversi campionati: Superbike e Motomondiale. Questa contestualità più unica che rara dovrebbe essere valorizzata permettendo di definire calendari con pochi “spazi vuoti” nel periodo estivo così da fidelizzare i fans, garantire la distinzione sul piano tecnico dei due campionati e, magari, creare un evento finale puramente ludico e a favore del pubblico dove i piloti di entrambe le categorie si danno battaglia su motociclette dello stesso tipo (trovando naturalmente la formula migliore per garantire gli investimenti degli sponsor). Fantascienza? Utopia? Vaneggiamenti da canicola estiva o colpo di sole? Forse. Ma se oltre ai dati (importanti in certi frangenti) si desse ascolto alle richieste dei fans forse questi vaniloqui acquisterebbero un senso ben più reale di quanto non si pensi. Nell’attesa continuiamo a sperare e a sognare una sfida di fine anno tra Rossi, Marquez, Dovizioso, Rea, Sykes, i fratelli Lowes, Crutchlow…      





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