NEL
SEGNO DI GARDNER
Ok,
questa è davvero roba da intenditori perché ci permette di mettere nella stessa
frase i nomi Zephyr e Moriwaki e perché
motociclette così correvano nei campionati Superbike americani e nell’Endurance
con piloti del calibro di Wayne Gardner. La parte più divertente di tutta la
preparazione? Innanzitutto che è una quasi replica (cioè prende ispirazione dal
modello originale da pista ma viene realizzato su ben altra base) quindi non si
ha il timore di scivolare e distruggere un pezzo unico.
E poi è street legal
ovvero ha tutti gli apparati necessari (e in regola) per girare su strade
aperte al pubblico! In garage era disponibile una Kawasaki Zephyr 750 del ’91
acquistata diversi anni prima per poche centinaia di dollari e trasformata
inizialmente in una cafè rat bike (termine carino per definire una svestizione
grossolana di una naked sportiva e imbellettata con pezzi che scarterebbe pure
un rottamaio!). Mentre veniva buttato giù il progetto, un impegno di lavoro ha
obbligato Brian (questo è il nome del “paziente”, carissimi lettori) a
trasferirsi in India. Così per non rimandare il suo sogno ha “appaltato”
singole aree d’intervento ad altrettanti preparatori per poi rimettere tutte le
mele in un solo cesto (come si usa dire) al momento opportuno. Genio? Visionario?
Nessuna delle due (o entrambe)? Non c’è dato sapere, fatto sta che le foto
parlano chiaro. Il motore è stato sabbiato, verniciato a polvere (le alette
sono state lasciate a “nudo”), pompato con un kit Wiseko 810 e completato con
nuove guarnizioni e cuscinetti. La testata ha ricevuto attenzioni ancora più
profonde con una pulizia generale e relativa rialesatura dei condotti, nuovi
assi a camme con un profilo più spinto, batteria di carburatori Keihin CR29,
radiatore dell’olio Racimex con tubazioni Racetech e impianto di scarico in
acciaio inox con terminali corti che spuntano da sotto il motore; coperchi
Moriwaki originali completano il look di un motore che eroga la bellezza di 90
HP. Altro elemento fondamentale (sia per la linea generale che per un mero
aspetto pratico) è stato il trapianto del forcellone posteriore di una ZXR
1.200 che ha richiesto diversi interventi per essere adattato al telaio e per
allineare la corona con il pignone. Davanti è stata montata la forcella di una
ZXR 750 anodizzata, accoppiata a piastre ottenute al CNC e completata con
semimanubri e staffa reggi fari anteriore. Il telaio è stato modificato nella
porzione posteriore per ospitare la nuova coda in perfetto stile endurance con
tanto di luci, frecce e porta targa. Altro problema da risolvere è stato il
serbatoio dal momento che l’originale era bucato. In realtà le sovrastrutture
sono un mix ben amalgamato di vari produttori con codone Moriwaki dotato di luci
Airtech e sede della batteria (al litio della Shorai) a vista, cupolino e
puntale universali, pedane Beet, semimanubri Woodcraft con manopole Bitwell e
leve ISR, fari JW e specchietti LSL.; il tutto condito con una colorazione
d’annata blu con striscia centrale bianca e decals Moriwaki. La nuova Kawasaki
è stata testata in un viaggio di 2.500 chilometri fino a Phillips Island
durante il quale ha accusato un solo piccolo inconveniente elettrico (che è
davvero poco per una special di questo tipo). L’unica immagine che rimane fissa
nei nostri occhi è quella di Brian che cavalca il sogno di una vita lungo le
strade australiane. E nel mentre un pensiero fa capolino nella nostra mente che
ha forme e colori di una Ducati Pantah replica ammodernata di quella di Mike
“The Bike” Hailwood del ’78. E’ solo un miraggio o sono i primi sintomi di un
virus che prende piede e non va più via?
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