martedì 13 dicembre 2016

KAWASAKI ZEPHYR 750 “MORIWAKI”


NEL SEGNO DI GARDNER
Ok, questa è davvero roba da intenditori perché ci permette di mettere nella stessa frase i nomi Zephyr  e Moriwaki e perché motociclette così correvano nei campionati Superbike americani e nell’Endurance con piloti del calibro di Wayne Gardner. La parte più divertente di tutta la preparazione? Innanzitutto che è una quasi replica (cioè prende ispirazione dal modello originale da pista ma viene realizzato su ben altra base) quindi non si ha il timore di scivolare e distruggere un pezzo unico.
E poi è street legal ovvero ha tutti gli apparati necessari (e in regola) per girare su strade aperte al pubblico! In garage era disponibile una Kawasaki Zephyr 750 del ’91 acquistata diversi anni prima per poche centinaia di dollari e trasformata inizialmente in una cafè rat bike (termine carino per definire una svestizione grossolana di una naked sportiva e imbellettata con pezzi che scarterebbe pure un rottamaio!). Mentre veniva buttato giù il progetto, un impegno di lavoro ha obbligato Brian (questo è il nome del “paziente”, carissimi lettori) a trasferirsi in India. Così per non rimandare il suo sogno ha “appaltato” singole aree d’intervento ad altrettanti preparatori per poi rimettere tutte le mele in un solo cesto (come si usa dire) al momento opportuno. Genio? Visionario? Nessuna delle due (o entrambe)? Non c’è dato sapere, fatto sta che le foto parlano chiaro. Il motore è stato sabbiato, verniciato a polvere (le alette sono state lasciate a “nudo”), pompato con un kit Wiseko 810 e completato con nuove guarnizioni e cuscinetti. La testata ha ricevuto attenzioni ancora più profonde con una pulizia generale e relativa rialesatura dei condotti, nuovi assi a camme con un profilo più spinto, batteria di carburatori Keihin CR29, radiatore dell’olio Racimex con tubazioni Racetech e impianto di scarico in acciaio inox con terminali corti che spuntano da sotto il motore; coperchi Moriwaki originali completano il look di un motore che eroga la bellezza di 90 HP. Altro elemento fondamentale (sia per la linea generale che per un mero aspetto pratico) è stato il trapianto del forcellone posteriore di una ZXR 1.200 che ha richiesto diversi interventi per essere adattato al telaio e per allineare la corona con il pignone. Davanti è stata montata la forcella di una ZXR 750 anodizzata, accoppiata a piastre ottenute al CNC e completata con semimanubri e staffa reggi fari anteriore. Il telaio è stato modificato nella porzione posteriore per ospitare la nuova coda in perfetto stile endurance con tanto di luci, frecce e porta targa. Altro problema da risolvere è stato il serbatoio dal momento che l’originale era bucato. In realtà le sovrastrutture sono un mix ben amalgamato di vari produttori con codone Moriwaki dotato di luci Airtech e sede della batteria (al litio della Shorai) a vista, cupolino e puntale universali, pedane Beet, semimanubri Woodcraft con manopole Bitwell e leve ISR, fari JW e specchietti LSL.; il tutto condito con una colorazione d’annata blu con striscia centrale bianca e decals Moriwaki. La nuova Kawasaki è stata testata in un viaggio di 2.500 chilometri fino a Phillips Island durante il quale ha accusato un solo piccolo inconveniente elettrico (che è davvero poco per una special di questo tipo). L’unica immagine che rimane fissa nei nostri occhi è quella di Brian che cavalca il sogno di una vita lungo le strade australiane. E nel mentre un pensiero fa capolino nella nostra mente che ha forme e colori di una Ducati Pantah replica ammodernata di quella di Mike “The Bike” Hailwood del ’78. E’ solo un miraggio o sono i primi sintomi di un virus che prende piede e non va più via?  










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