martedì 13 dicembre 2016

YAMAHA XS 650 “YAMANDO”

PERCHE’ NON CI HANNO PENSATO PRIMA?
E’ la prima volta che ci troviamo in difficoltà per scrivere il titolo in alto, il primo, quello che identifica il modello di moto usato come base pe la special. Perché? E’ presto detto. Si tratta di un motore Yamaha XS 650 dentro un telaio Norton Commando. Quindi il primo quesito tra di noi è stato: vale di più (per identificare una motocicletta) il telaio o il motore? Come chiedersi se una persona può essere identificata dalla forma e dalla capacità di pompaggio del suo cuore o dall’insieme di muscoli e ossa.
Rimasti con il dubbio (sebbene alla fine si sia optato per il “cuore”) ci siamo domandati perché nessuno ci avesse pensato prima. In fondo a voler ragionare un po’ sulla questione i telai inglesi erano il top per l’epoca (e per molte decadi a venire; inoltre oggi sono utilizzati per delle bellissime special per gare storiche!) e i motori giapponesi…beh conoscete benissimo la qualità e le prestazioni di cui sono capaci, per cui il quadro comincia ad avere senso. Questo puzzle improbabile è stato concepito da Toivo Madrus e Brad Monk dopo quattro tentativi che hanno via via migliorato una serie di parametri (tra cui la posizione e l’inclinazione del motore che oggi eroga la bellezza di 80 HP). L’idea che ha generato questo “matrimonio” è stata abbastanza semplice (quanto meno agli occhi dei loro creatori) dal momento che il propulsore della XS 650 è ispirato a quello della Bonneville, privato dei difetti dell’unità inglese. Si tratta del primo motore Yamaha a quattro tempi realizzato negli anni ’70 per far fronte alle sempre più restrittive norme antinquinamento americane. Va da sé che il trapianto ha una base logica. Inoltre il propulsore giapponese è famoso per le elevate vibrazioni che genera e che si acuiscono all’aumentare dei giri motore e della potenza; immaginatevi quando il bicilindrico viene preparato per sprigionare quasi il 25 per cento di potenza in più. Di contro il telaio della Commando era rinomato per il suo sistema Isolastic che tramite supporti in gomma isolava appunto il motore (con relative vibrazioni) dal resto della motocicletta. Praticamente il connubio perfetto. O forse no? E già perché un conto è ipotizzare il trapianto di un motore Triumph seguendo uno schema già ampiamente rodato ma ben altra cosa è teorizzare qualcosa di nuovo e mai tentato prima ipotizzando le posizioni dei vari elementi alla ricerca di un equilibrio sconosciuto. Il grosso del lavoro (compresi i quattro step precedenti) è stato proprio quello di trovare la migliore collocazione, lungo i tre assi, del propulsore giapponese. Innanzitutto poiché il motore era più largo del telaio si è dovuto sfruttare tutto lo spazio in altezza disponibile e creare un telaietto ausiliario che da un lato reggesse il bicilindrico e dall’altro poggiasse sui sistema Isolastic. Inoltre si sono dovute tenere in considerazione le quote ciclistiche e la distribuzione dei pesi influenzate dallo spostamento del motore dentro il telaio. Il problema è stato risolto piazzando il bicilindrico quanto più avanti possibile e riequilibrando il tutto con una forcella anteriore da 38 millimetri proveniente da una Yamaha FZR 600 e due mono posteriori della Works Performance. Serbatoio in alluminio della CMR, semicarena originale Norton, coda in vetroresina fedele replica dell’originale, semimanubri Vortex, pedane realizzate appositamente per Brad, contagiri Scitsu e doppio freno anteriore con tamburo posteriore. Il motore ha ricevuto il kit di maggiorazione a 750 centimetri cubici, radiatore dell’olio su ordinazione, valvole in acciaio inox con camme e kit molle più spinti, carburatori Mikuni da 38 millimetri, rapportatura del cambio rivista per le gare in pista e impianto di scarico montato su supporti semimobili per oscillare insieme al motore ed evitare rotture meccaniche (se non è inventiva questa!). Le ore spese per realizzare tutti i vari step non si contano più; i soldi, la fatica, le notti passate a inventare una soluzione ai problemi neppure. Rimane “solo” il piacere di guidare (vincendo) un accrocchio impensabile nella classe del campionato canadese Heavyweight dedicato alle motociclette vintage da corsa e il merito di aver fatto quello che nessuno credeva possibile o neppure immaginabile. A questo punto ci chiediamo cosa partorirà la mente di questi due spregiudicati inventori/corridori durante il lungo inverno canadese.










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