NATA
DENTRO IL VULCANO
Quando
una persona arde di passione e ne fa il perno del suo vivere si dice che ha il
fuoco dentro. Nel caso di questa special si può tranquillamente affermare che
al suo interno scorre il magma del Vesuvio (e da qui il nome appunto) che s’incendia
nelle camere di scoppio del bicilindrico di Mandello. E con la stessa fantasia
partenopea Filippo è intervenuto su una Moto Guzzi SP 1000 del 1980 radicalmente,
lasciando da parte i classici maquillage da vetrina in favore di modifiche più
coerenti (se non necessarie) a una moto in grado di correre sulle pendici del Vesuvio.
Destinata a un cliente napoletano che chiedeva una urban scrambler per
svicolare sia nel caotico traffico della sua città sia per gite fuori porta ma
in grado anche di salire su sentieri sconnessi e strade bianche, la Magmamille
è stata prima di tutto alleggerita quanto più possibile. Via quindi la parte
inferiore del telaio (la semiculla del famoso telaio ideato da Tonti) e taglio
netto della porzione posteriore alzata, alleggerita e completata con il più
classico archetto stile “rego” anni ’60 e ’70 (sebbene in questo caso sia
curiosamente formata da due elementi: uno per chiudere effettivamente la parte
“bassa” del telaio e l’altro per chiudere quella “alta” seguendo il profilo
della sella). Altro elemento su cui ci si è concentrati per risparmiare peso è
stato il forcellone posteriore, ora d’alluminio, che ha permesso d’ospitare un
generoso pneumatico tassellato Heidenau K60 Scout da 140 millimetri. A
proposito i nuovi cerchi (18 pollici davanti e 17 dietro) a raggi tangenziali
“calzano” pneumatici tubeless tassellati che permettono un uso totale della
Magmamille, mentre per quanto riguarda i freni si è optato per unità Brembo
Serie Oro (doppio disco anteriore da 320 millimetri con pinze doppio pistoncino
e 240 posteriore). Con l’obiettivo d’alleggerire il più possibile una
motocicletta che all’epoca non era certo un fuscello, sono state utilizzate
molte componenti d’alluminio realizzate direttamente da Officine Rossopuro,
presenti nel loro catalogo; supporti motore (che ora è portante),riser,
parateste cilindri, pedane in ergal completamente regolabili, supporto pinza
posteriore…tutto per limare i chili in eccesso. Lo stesso impianto elettrico
(che ora è nascosto dietro i triangoli formati dal telaio) è stato completato
da una batteria al litio più piccola e leggera, da fari e frecce LED e da una
strumentazione racchiusa in un unico elemento (più piccolo, ovviamente, dell’originale)
che comprende contagiri e contachilometri oltre a tutta una serie d’altre
indicazioni necessarie. Le sovrastrutture sono state pensate e per risultare
leggere e semplici nello smontaggio e nella manutenzione, motivo per cui oltre
alla sella di generose dimensioni (si tratta di un mezzo che morderà davvero
l’asfalto, non una moto da “esposizione”) Filippo ha pensato bene di realizzare
un serbatoio diviso in due pezzi smontabili separatamente e dotati d’attacco
rapido; un’idea quanto meno curiosa ma sicuramente pratica. Le sospensioni
(Marzocchi rovesciata all’anteriore da 45 millimetri e due Bitubo con serbatoi
del gas separati al retrotreno) sono state scelte in virtù di un uso gravoso
del mezzo mentre per quanto riguarda lo scarico si è optato per un doppio
terminale omologato due in due MASS MOTO (realizzato su disegno originale di
Filippo) posizionato sul lato sinistro con doppia uscita parallela alta e
silenziatori nascosti all’interno dei collettori. Infine la colorazione;
trattandosi di una motocicletta nata per scorrazzare anche sulle pendici del
Vesuvio si è voluto utilizzare colori che lo ricordassero a partire dal rosso
fuoco dei paracolpi delle testate passando per il grigio della fuliggine e
finendo con il nero delle rocce magmatiche raffreddate. E così dopo la
Scrambler 750 Filippo è riuscito, nuovamente, a impressionarci favorevolmente
con qualcosa di unico e caratteristico. Generalmente a questo punto proporremmo
d’ipotizzare una versione con il 750 (o anche qualcosa di più piccolo) ma in
questo caso eviteremo per un motivo molto semplice: la Magmamille è una
motocicletta che può essere definita sicuramente verace e sanguigna e
mortificarne il carattere con un propulsore meno “dotato” sarebbe l’errore più
grave che si potrebbe commettere, soprattutto dopo l’opera d’alleggerimento
generale.
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