HARLEYSTEIN
Quella che sto per raccontarvi è l’incredibile storia di un
motociclista appassionato oltremisura che ha costruito la sua cafè racer
mixando un motore Harley-Davidson 1200, ruote Laverda e telaio Ducati GT 860. Il nostro eroe (potreste definirlo in altro modo?) guida
prevalentemente BMW e da una decina d’anni anche le big twin americane.
Stabilito un risicatissimo budget parte dal telaio a tubi di una Ducati GT 860
del 1975 cui accoppia un propulsore Sportster 1200 del 2004. Se per le
saldature e la verniciatura del telaio (che comunque ha necessitato di adattamenti
del caso) si è affidato ad artigiani del settore, per il motore (acquistato
usato) ha perseguito la classica ricetta dei customizer di tutto il mondo con
filtro e scarichi più performanti e qualche accorgimento minore. Così
sistemato il nostro Piet poteva contare su un motore da circa 80 cavalli imbrigliati in una ciclistica italiana, completata da forcella Ceriani
ed ammortizzatori Koni. Curiosamente oltre ai cerchi Laverda a raggi sono stati
mantenuti anche i freni a tamburo sicuramente accattivanti dal punto di vista
estetico ma inferiori per efficacia rispetto al classico trittico di dischi e
pinze. L’aspetto più complesso dell’innesto è stato l’allineamento del motore
con l’asse della catena di trasmissione finale (oltretutto è stato mantenuto
anche il forcellone posteriore della GT 860 con tutti i vantaggi e svantaggi
del caso). Il resto della preparazione ha visto il montaggio di fari
Harley-Davidson (anteriore) e Miller (posteriore), parafanghi realizzati in
lega leggera direttamente da Piet, serbatoio benzina Ducati 500 del ’77 e
tanica dell’olio in lega della Santee. Classico per una cafè racer, l’utilizzo
di mezzi manubri, comandi al pedale arretrati e targa a sbalzo sul parafango.
Due domande nascono spontanee: perché un motore Harley e come va questa
miscellanea? Ebbene Piet voleva un propulsore dal carattere marcato e la possibilità di acquistaro ad un
prezzo molto basso ha fatto il resto. Per la dinamica a detta del suo
creatore sembra che tutto funzioni alla meraviglia: ottima maneggevolezza,
buona frenata, poche vibrazioni e velocità sufficiente rendono “La Haduc” un
mezzo quanto meno gustoso. Personalmente a me ricorda quelle motociclette esotiche come
le Triton o le Norvin che montavano motori preparati allo spasimo su telai
sopraffini (per l’epoca); in più è stata realizzata con una cura superiore alla
media dei piccoli costruttori fai da te ed utilizzando accessori reperiti un
po’ ovunque pur di rispettare il budget prefissato. Continuate a credere che sia impossibile realizzare una special da soli?
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