Ieri ci ha lasciati Massimo Tamburini. Un male incurabile lo
ha portato via dall’affetto dei suoi cari a 71 anni. Geniale progettista ed
appassionato di moto ha creato tra le più belle , veloci e vincenti sportive
italiane degli ultimi 40 anni. Nessun motociclista che si possa definire tale può
rimanere indifferente alle sue creature. Ha iniziato nel 1971 quando mise mano
su una pesante MV Agusta quattro cilindri ispirandosi alla moto di Agostini. A
quel tempo era gia’ uno dei soci
fondatori della Bimota, azienda che si occupava di impianti di condizionamento
e riscaldamento. Dopo quel primo esperimento si buttò nella ricostruzione di
una Honda CB 750 Four distrutta in una rovinosa caduta alla curva della Quercia
sul circuito di Misano. Telaio, serbatoio e carena erano stati riprogettati da
zero per un uso sportivo del mezzo: nasceva la Bimota Meccanica come preparatore
di motociclette. Da lì il passo successivo fu la realizzazione di una piccola
serie di repliche del kit (regolarmente omologato) di quella che veniva oramai
chiamata HB1.
Per diversi anni le Bimota progettate da Tamburini corsero (e
vinsero) nei circuiti di tutto il mondo. Se pero’ all’inizio erano elaborazioni
di modelli derivati dalla grande serie, a partire dal 1982 con la SB2 750 iniziarono
a costruire e vendere motociclette complete. Dall’83 all’84 divenne direttore
tecnico del Team Gallina (progettazione e costruzione prototipi) e nel 1985 fu ingaggiato
dai fratelli Castiglioni per lavorare in Cagiva dove realizzo’ nel 1986 la
Ducati Paso, una sportiva con carenatura estesa ed avvolgente. Sotto la sua
egida furono progettate sempre con il marchio Cagiva le piccole 125 Freccia C9,
C10, C12 e la Mito. E sempre per Cagiva ma con marchio Ducati, realizzo’ le
vittoriose 851, 888, 916 e 996.
A metà degli anni ’90 dopo la cessione di
Ducati ad un fondo d’investimento Statunitense, Tamburini si dedicò all’altro
gioiello dei fratelli Castiglioni: l’MV Agusta. Esisteva già un progetto che
avrebbe dovuto essere presentato con il marchio Cagiva ma Massimo intervenne
pesantemente rielaborando il tutto e creando sostanzialmente una nuova
motocicletta 750 quattro cilindri con un telaio a traliccio: la splendida F4.
La versione Oro fù l’apoteosi della sportiva italiana per eccellenza, con una
linea mozzafiato, i colori storici della MV Agusta e materiali pregiati quali
magnesio e carbonio. Ogni componente veniva costruito in Italia; il motore montava
valvole radiali, cambio estraibile ed il comando di distribuzione centrale a
catena. Dalla F4 (che presto arrivò ai 1000 centimetri cubici di cilindrata) fa
derivata un’altra motocicletta di successo: la naked Brutale. Alla fine del
2008 con l’acquisizione dell’MV Agusta da parte dell’Harley-Davidson i
differenti modi di immaginare e progettare le moto sportive, portano Massimo a
lasciare il gruppo e, per contratto, ad impegnarsi a non collaborare con altre
case motociclistiche fino al 2010. Ha dedicato tutta la sua vita alle
motociclette, anteponendo la ricerca della qualità assoluta, dell’eccellenza, e
della perfezione fin nei minimi dettagli alle mere logiche del mercato e dell’economy
business. Se i telai in tubi d’acciaio si sono imposti in un mondo di travi d’alluminio,
se le supersportive oggi hanno le frecce integrate negli specchietti, se
esistono gli scarichi sottosella di Ducati ed MV Agusta, se le carenature
integrali hanno acquisito un senso pratico negli anni ‘90, se vi siete
innamorati dello stile pulito e preciso delle sportive italiane dovete
ringraziare una sola persona: Massimo.
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