lunedì 7 aprile 2014

MASSIMO TAMBURINI



Ieri ci ha lasciati Massimo Tamburini. Un male incurabile lo ha portato via dall’affetto dei suoi cari a 71 anni. Geniale progettista ed appassionato di moto ha creato tra le più belle , veloci e vincenti sportive italiane degli ultimi 40 anni. Nessun motociclista che si possa definire tale può rimanere indifferente alle sue creature. Ha iniziato nel 1971 quando mise mano su una pesante MV Agusta quattro cilindri ispirandosi alla moto di Agostini. A quel tempo era gia’  uno dei soci fondatori della Bimota, azienda che si occupava di impianti di condizionamento e riscaldamento. Dopo quel primo esperimento si buttò nella ricostruzione di una Honda CB 750 Four distrutta in una rovinosa caduta alla curva della Quercia sul circuito di Misano. Telaio, serbatoio e carena erano stati riprogettati da zero per un uso sportivo del mezzo: nasceva la Bimota Meccanica come preparatore di motociclette. Da lì il passo successivo fu la realizzazione di una piccola serie di repliche del kit (regolarmente omologato) di quella che veniva oramai chiamata HB1. 



Per diversi anni le Bimota progettate da Tamburini corsero (e vinsero) nei circuiti di tutto il mondo. Se pero’ all’inizio erano elaborazioni di modelli derivati dalla grande serie, a partire dal 1982 con la SB2 750 iniziarono a costruire e vendere motociclette complete. Dall’83 all’84 divenne direttore tecnico del Team Gallina (progettazione e costruzione prototipi) e nel 1985 fu ingaggiato dai fratelli Castiglioni per lavorare in Cagiva dove realizzo’ nel 1986 la Ducati Paso, una sportiva con carenatura estesa ed avvolgente. Sotto la sua egida furono progettate sempre con il marchio Cagiva le piccole 125 Freccia C9, C10, C12 e la Mito. E sempre per Cagiva ma con marchio Ducati, realizzo’ le vittoriose 851, 888, 916 e 996. 







A metà degli anni ’90 dopo la cessione di Ducati ad un fondo d’investimento Statunitense, Tamburini si dedicò all’altro gioiello dei fratelli Castiglioni: l’MV Agusta. Esisteva già un progetto che avrebbe dovuto essere presentato con il marchio Cagiva ma Massimo intervenne pesantemente rielaborando il tutto e creando sostanzialmente una nuova motocicletta 750 quattro cilindri con un telaio a traliccio: la splendida F4.





 La versione Oro fù l’apoteosi della sportiva italiana per eccellenza, con una linea mozzafiato, i colori storici della MV Agusta e materiali pregiati quali magnesio e carbonio. Ogni componente veniva costruito in Italia; il motore montava valvole radiali, cambio estraibile ed il comando di distribuzione centrale a catena. Dalla F4 (che presto arrivò ai 1000 centimetri cubici di cilindrata) fa derivata un’altra motocicletta di successo: la naked Brutale. Alla fine del 2008 con l’acquisizione dell’MV Agusta da parte dell’Harley-Davidson i differenti modi di immaginare e progettare le moto sportive, portano Massimo a lasciare il gruppo e, per contratto, ad impegnarsi a non collaborare con altre case motociclistiche fino al 2010. Ha dedicato tutta la sua vita alle motociclette, anteponendo la ricerca della qualità assoluta, dell’eccellenza, e della perfezione fin nei minimi dettagli alle mere logiche del mercato e dell’economy business. Se i telai in tubi d’acciaio si sono imposti in un mondo di travi d’alluminio, se le supersportive oggi hanno le frecce integrate negli specchietti, se esistono gli scarichi sottosella di Ducati ed MV Agusta, se le carenature integrali hanno acquisito un senso pratico negli anni ‘90, se vi siete innamorati dello stile pulito e preciso delle sportive italiane dovete ringraziare una sola persona: Massimo.




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